mercoledì 25 aprile 2012



Ad Agostino, nel giorno del suo onomastico 

Introduzione

Caro lettore,
uomo o donna che sia, ti ritengo caro perché come me sei appassionato o quantomeno  incuriosito dall’argomento e quindi, almeno potenzialmente, condividiamo un interesse profondo in comune. Pertanto, per “carezza” e per chiarezza,  sento di doverti comunicare una cosa importante: questo blog può complicarti la vita. Non ti dico, come trascritto all’ingresso dell’Inferno dantesco “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”, perché anzi alla speranza questi pensieri necessariamente aprono, ma devo riconoscere che le considerazioni che seguono possono impensierire e, nei casi migliori - di coloro che per coerenza intendono arrivare a cambiare la propria vita in relazione a ciò che scoprono - perfino sconvolgere. Il terreno che ti invito a visitare, infatti, quello del ragionamento autonomo, è aspro e spesso solitario.
Ragionare con la propria testa, cioè ragionare sulla base di idee che forse non sono, necessariamente, nate nella nostra testa ma che sono elaborate e accettate con atto libero della nostra volontà, idee proprie, insomma, non è semplice. Non viene “spontaneo”. Molti di noi sono convinti di ragionare con la propria testa e magari attribuiscono ad altri la mancanza di questa capacità. In realtà non “basta” mettere due pensieri in fila per ragionare con  la propria testa… occorre studiare, approfondire, fare esperienza, non accontentarsi del primo giudizio che passa per la testa… o del primo giornale che si legge per farsi un’opinione, anche se si tratta di un giornale molto accreditato e à la page. E poi… ecco la prima affermazione politicamente scorretta:

àper ragionare con la propria testa… occorre affidarsi prima alla testa degli altriß.

Occorre lasciarsi consigliare, vagliare e poi formulare il proprio giudizio personale e prendere le decisioni conseguenti.
Il genere umano vive su questa terra da molte migliaia di anni, sarebbe curioso pensare che riusciamo a risolvere i nostri problemi, comuni, per la maggior parte di loro, a tutti gli altri esseri umani, prescindendo del tutto dall’esperienza accumulata nei secoli dai nostri simili. In realtà noi tutti siamo un condensato di pensiero comune, di cultura accumulata nel tempo, per cui far riferimento all’esperienza pregressa, propria o altrui, ci dovrebbe riuscire naturale, ma non è così.
Un primo pericolo contro il quale questo libro vuole mettere in guardia è proprio questo: “naturale è bello”… si, ma bisogna intendersi sul significato di questa parola. Non tutto ciò che viene spontaneo, naturale, è opportuno.

Di certo accordarsi sulle note del pensiero dominante aiuta ad essere più facilmente accettati, accolti, ma non dà l’ebbrezza, il senso di libertà e di pienezza che sperimenta colui che ricerca, legge, ascolta, valuta ed è disposto a non essere d’accordo con la maggioranza e che, in definitiva, è dato dal pensiero si libero, ma anche legato – non si tratta di una contraddizione – alla propria coscienza.

Si allontani quindi da questo libro colui che vuole avere una libertà assoluta (attenzione all’inganno), anche nei confronti di questo giudice che portiamo dentro, perché in questo caso la sua volontà spinge in una direzione diversa rispetto  a quella in cui va il proprio cervello e di certo non saranno le mie parole a conciliargli il sonno in cui vuol rimanere. Chi vuole fasciarsi del conforto del giudizio altrui, chi non è disposto ad assumersi il rischio e la scomodità di pensare – o di cantare – fuori dal coro è meglio che si dedichi ad altre letture o, se preferisce, ad altre attività. Le considerazioni che seguono, infatti, lo potrebbero mettere in cattiva luce presso i propri amici, i propri genitori, i propri fratelli, i propri figli, il proprio coniuge e… chi glielo fa fare? L’unica cosa che può indurre a complicarsi tanto la vita è l’amore per la verità, il contatto vitale con la verità e soprattutto vivere la verità che si va scoprendo. Solo questo ripaga della solitudine, dell’incomprensione a cui va soggetto chi vuol ragionare con la propria testa e non si accontenta di trovarsi nel sentire comune, che certamente ha la sua importanza, ma non sempre è garanzia di autenticità, se, appunto, non viene opportunamente filtrato dal ragionamento personale autonomo.

Politicamente corretto è, infatti, tutto ciò che ci fa sentire sicuri, protetti, avallati dal “sentire comune”. È in un certo senso quello che si può dire senza che nessuno dica niente, perché è quello che dicono gli altri, la gente comune ma anche, nei casi più “raffinati”, i benpensanti, quelli che la testa la usano bene, quelli che davvero hanno cultura, autonomia di giudizio, che sono considerati al “top” del pensiero, quelli che scrivono sulle grandi testate giornalistiche e non “gente qualunque”….
Diverte – o rattrista, a seconda del contesto – vagliare quanto spesso i giudizi personali talvolta vengono formulati sulla base del “lo dice il giornale” o, più frequentemente, “lo dice la tv…”. Già, sarà… ma non sarà forse che in questo modo, adeguandoci cioè a quello che dicono o scrivono i benpensanti – per capirci quello che si legge sul Corriere o su Repubblica o si ascolta al telegiornale - ci staremo adattando anche noi ad un modo di pensare conformista, piatto, senza alcun apporto veramente originale, personale? Non staremo anche noi incredibilmente entrando a far parte di un gregge forse meno evidente, forse più chic (magari di lana “cachemire”), ma comunque gregge?

Ho fatto parte del manipolo di persone –“75 colletti bianchi battono il governo” intitolava a otto colonne il Sole 24 ore - che nel 1993 si chiuse dentro un palazzo del centro direzionale di Napoli per impedire la privatizzazione della SME, un gioiello dello Stato messo in vendita per sopperire alle malefatte di altri colossi industriali statali, mentre giornalisti prezzolati ed economisti illuminati gridavano allo scandalo di fronte ai “panettoni di Stato” – Motta, Alemagna – o ai “pomodori di Stato” Cirio. Sporca faccenda della quale hanno parlato a lungo anche i giornali anche se non sempre in modo corretto. Un bene dello Stato venduto – ma sarebbe meglio dire “svenduto” – a pezzi per sanare l’emorragia finanziaria del colosso statale IRI, allora moribondo. Un pezzo qua, un pezzo là… un pezzo a Cragnotti (e poi a Tanzi), uno alla Nestlè, uno a Benetton… e la sede napoletana della finanziaria, dove io lavoravo,  rimase definitivamente SME…mbrata nel 2001. Si trattava in realtà di favorire qualche grosso gruppo industriale che aveva adocchiato i pezzi prelibati di industrie risanate anche a caro prezzo e dall’altra parte c’erano politici compiacenti che si sarebbero fregiare dell’ambito titolo di privatizzatori, oltre che di moralizzatori, in quanto con “Mani Pulite” era chiaro che tutto quello che era pubblico era sporco e il privato pulito. Si può riconoscere una parte di verità a questo modello, tuttavia è chiaro che la definizione era generica quanto strumentale e in particolare al Sud sono stati tolti posti di lavoro che non entravano a far parte del calcolo generale costi-benefici che andava fatto a monte dell’operazione. In quella circostanza ebbi modo di vedere da vicino in che modo i mass media tendono a distorcere il dato reale e diventa particolarmente difficile, per chi non partecipa in prima persona all’evento, stabilire attraverso i mezzi di comunicazione di massa quale sia la verità.

Ecco il tema di fondo che ci prepariamo ad affrontare e non è una cosa da poco: la verità. C’è in atto oggi un tentativo sottile, che è il risultato di secoli di storia, di far credere che tutto sommato questa non ci sia o, quantomeno, non sia conoscibile. Dai sofisti in poi troviamo una schiera di persone disposte – oggi si potrebbe dire i radicali o ciò che rimane di loro – ad “affrancare” l’uomo dal peso che questa parola comporta. Si tratta del relativismo, introdotto da una visione idealista – in senso filosofico – della vita, il cui percorso ci sforzeremo di tracciare: è una delle malattie peggiori del nostro tempo. E così, mentre si affranca l’uomo, lo si libera dal peso delle ali che lo farebbero volare, idealmente, molto più in alto di dove si trova adesso. Una cosa è chiara: la verità esiste e chi ha perso la fiducia di trovarla è, almeno in parte, già cadavere. Come vedi, non parlo con mezzi termini, anche perché chi cerca di persuaderti lo fa in modo occulto. Per questo ho scritto questo libro, raccogliendo il portato della mia esperienza, per cercare di mettere in guardia il maggior numero di persone possibile contro i pericoli che derivano dall’accettare acriticamente qualsiasi tipo di pensiero.

Nel mio lavoro ho analizzato diverse aziende con diverse storie aziendali – vedi il sito www.storieziendali.com – e in tutte mi è stato possibile rintracciare l’assoluta originalità del pensiero dell’imprenditore, del fondatore, che ha portato l’idea a diventare progetto e il progetto realtà. Queste specie di miracoli non potrebbero avvenire se non ci fosse qualcuno che, spesso in conflitto con le idee degli altri e con le difficoltà dell’ambiente, non si fosse battuto per affermare quella che nella sua mente era già realtà. 

Questa guida potrebbe sintetizzarsi nel consiglio: “non accettare per buone le idee già belle e pronte se non ci hai riflettuto sopra e se non hai coscientemente deciso di accettarle e di farle tue”. Purtroppo nella forza della sintesi sta anche il suo limite che lascia fuori percorsi, ostacoli, difficoltà che fanno parte dell’atteggiamento indicato per cui è necessaria… qualche parola in più: è necessario, appunto, un libro (…e forse anche più di uno).

In realtà fare parte di qualsiasi gregge aiuta, è comodo, perché in molti casi evita di dover ragionare – che, come dicevo, richiede studio, fatica e coerenza – e questo in qualsiasi ambito: culturale, civile, politico, religioso. Insomma l’apparenza inganna… e in questo libro mi sforzerò di svelare alcuni sistemi per evitare l’inganno, almeno in molti casi.

Ragionare con la propria testa, lo ripeto, a volte significa rimanere soli, essere incompresi, ma – tant’è – chi ragiona con la propria testa resiste, anche da solo, perché niente è più appagante per lui di percorrere il sentiero che porta alla Verità e, prima ancora (questo è più facilmente riscontrabile), a riuscire a
à rapportarsi correttamente alla Realtà, ß
che è ciò che conta.
Per questo, però, non è sufficiente sviluppare un’autonomia di giudizio. Questo è molto – significa sapersi regolare, essere autonomi, legge a se stessi, dall’etimologia del termine greco – ma non basta. Si tratta di adeguare la propria condotta alle proprie acquisizioni intellettuali, a ciò che si scopre essere la verità. Si tratta, in definitiva, di
à Onestà intellettuale. ß
Essa richiede impegno, coerenza, onestà innanzitutto con se stessi, riconoscere i propri errori. Il cammino sarà irto, faticoso, solitario, ma ne vale la pena. Un’altra norma fondamentale è quella di non cercare d’imporre agli altri una verità seppur faticosamente raggiunta, ma cercare la strada del dialogo e della condivisione di una base comune, che non significa l’annullamento delle differenze, ma la scoperta di un terreno comune sul quale costruire la città degli uomini. Lasciare liberi gli altri di arrivare o meno – o a segnalarci quale sia – la strada per arrivare alla verità. Chi leggerà questo libro comincerà ad avvertire un senso di scetticismo, di perplessità di fronte alle conclusioni tratte senza che vi siano le giuste premesse o di fronte alle asserzioni definitive prese sulla base di ciò che ci dice la pancia piuttosto che qualche altro organo corporeo che non sia la testa. Non farò mistero delle mie opinioni personali in modo da rendere a tutti chiaro qual è l’ambito culturale nel quale mi muovo e dare modo così di estrarre quanto di oggettivo e quanto di soggettivo vi sia in quello che dico. A tutti darò modo di valutare e di dissentire ma comunque, mi auguro caldamente, di riflettere.

Ti avverto, quindi, che stai per leggere qualcosa di forte, di urlato, forse, ma di certo chiaro.



2 commenti:

  1. La verità, la logica, la ragione...ma l'Amore di Cristo è pura follia (è al di là di ogni logica umana). Il ragionamento umano, la verità stessa nel momento in cui diventa raggiungibile diventa appunto un prodotto umano una conquista dell'uomo diventa una riduzione antropologica. Invece l'Amore di Cristo rompe tutti gli schemi, fa saltare tutti i ragionamenti ed equilibri umani.Non è qualcosa che si possiede ma da cui si è posseduti e di cui ci si fa dono gratuitamente. Il vero contrassegno della nostra fede ciò che la distingue da tutte le filosofie e religioni dell'umanità non è la dottrina, la verità ma è l'amore. Ciao Tino

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    1. Concordo fondamentalmente con te, Tino, e ti ringrazio per questo intervento chiaro, ma penso che il linguaggio, che pure deve essere chiaro, per essere aperto deve avere il più possibile una base universale. E la base universale è necessariamente più limitata. Poi si può discutere e approfondire su ciò che viene dopo. In altre parole, se voglio esprimermi nei confronti di chi non condivide con me la fede, devo usare il linguaggio della razionalità e andare sul terreno comune delle cose condivisibili razionalmente o anche del buon senso. Se non si parte da questo non si crea neppure la base del dialogo. Solo in un secondo momento viene l'aspetto "caldo" del legame amoroso, senza il quale corri il rischio di non capire - e quindi di non accettare - nulla. Nessuno è disposto a dare la vita per un ragionamento, è vero, ma senza il ragionamento, o meglio senza la SOSTANZA (la verità)contenuta nel ragionamento, manca un aspetto troppo importante della comunicazione della verità stessa. Senza di questo la verità non si comunica e non fruttifica.

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