domenica 15 novembre 2015

Quei VIGLIACCHI dell'ISIS hanno vinto. Come fare a cambiare le cose?

Coraggio? Disprezzo del pericolo? No. Come chiamereste degli individui che con armi in mano o addosso hanno fatto fuori decine, centinaia di esseri umani inermi, senza vedere in essi la loro stessa natura, dopo aver perso ormai qualsiasi traccia di umanità e rispetto per la vita propria e altrui? Quest'uomo in fotografia, che non ha neppure il coraggio di stare a volto scoperto, ma si nasconde dietro l'anonimato e nel frattempo, armato, tiene in mano un ostaggio al quale sta per togliere la vita, è, indubbiamente, eroe? Direi piuttosto che è un essere abietto, un vigliacco. VIGLIACCHI, ecco quello che sono!


Come chiamare sennò uno, armato, che tiene un altro legato e poi lo ammazza senza dargli la possibilità di difendersi? O un altro che con il mitra fa fuori decine e decine di persone disarmate in una festa?
Fatevi vedere a volto scoperto mentre argomentate le vostre scelte e le vostre azioni e poi possiamo parlare di coraggio. Quello che dimostrate, gente dell'ISIS, è di non avere il coraggio di affrontare a viso aperto il nemico. Speculate sull'ignoranza della povera gente e vi gonfiate d'orgoglio per delle "gesta" che mai in campo militare meriterebbero il plauso di chicchessia. Non sarete ricordati da nessuno, sarete odiati da tutti. In cambio di un momento di "gloria" avrete un inferno garantito per sempre. E non tirate in ballo Dio, che non c'entra niente con quello che fate: vergognatevi, piuttosto, di voi stessi.
Certo, poi ci saranno da analizzare le ragioni di quello che è successo, senza arrivare a giustificarlo, come l'esaltazione di chi viene strappato dalla povertà e dalla disperazione per vivere un momento di gloria. Le vessazioni alle quali l'imperialismo condanna chi non rientra nella sua folle corsa al benessere e alla ricchezza e viene trattato come scarto umano. Bisogna trovare il tempo e la forza per fare anche questo e non rispondere con la violenza alla violenza.
Quello che è chiaro è che dobbiamo abituarci all'idea che può succedere ancora e in questo, per il momento hanno vinto loro, i terroristi. Essi vogliono farci vivere nell'ansia, nel terrore che le pallottole, le schegge e il sangue riprendano improvvisamente a schizzare e a riproporre l'orrendo spettacolo di morte che sono riusciti a organizzare a Parigi due giorni fa. E questo non solo in Francia, ma anche a Londra, a New York e a Roma. Si, a Roma, a casa nostra, dove c'è il Vaticano e il Pontefice, che oggi li ha definiti "bestemmiatori del nome di Dio".
Leggo di uomini indignati, offesi perché il Papa non li attacca frontalmente, questi terroristi e va dicendo che bisogna costruire ponti verso questi emarginati. Altro che ponti, bisogna costruire barriere e non contro il solo fondamentalismo, ma contro l'Islam, con loro - parlo di Antonio Socci e Roberto De Mattei e compagni (non me ne vogliano) tradizionalisti - i terroristi hanno già vinto. Sono riusciti a trascinarli nella spirale di odio e di violenza nella quale sono avviluppati e a far perdere anche a loro ogni traccia di umanità.
Difendersi, certo, è necessario, ma non sparando indiscriminatamente a destra e a manca, mettendo nel calderone anche le migliaia, i milioni di musulmani che vivono serenamente la loro vita e la loro fede. Come dice il Papa, la violenza non può e non deve essere una soluzione.
Io credo che la preghiera, insieme allo studio di soluzioni concrete che vadano alla radice dell'odio, sia una soluzione. Forse alcuni non ce la fanno, altri non ci credono, ma a chi chiedere aiuto se non a colui che ha fatto loro e noi? Purtroppo sono costretto a esprimermi così - a parlare di "loro" e di noi"- ma non perché lo voglia fare, ma perché di fatto, con il loro comportamento, attaccandoci in maniera così diretta e vigliacca, loro ci hanno fatti sentire solidali con le vittime e i loro familiari e dalla parte opposta rispetto a loro. Se hanno vinto anche in questo non è certo una bella vittoria, della quale andare fieri.
Pregare dicevo, perché, anche se il primo istinto è stato di chiedere a Dio perché non lo abbia impedito e abbia dato loro la forza e la razionalità - ahimè, c'è stata - di organizzare quest'attentato e di realizzarlo, mi rendo conto che mettere Dio sul banco degli imputati non è il modo migliore per trovare la Verità. Quello che è già successo circa duemila anni fa continua a succedere ogni giorno nelle vite dei cristiani - e dei non cristiani - che vengono barbaramente massacrati senza poter reagire. Credo che ciascuno di noi deve chiedersi cosa sta facendo per sanare la piaga della povertà nella quale una parte sempre più consistente della popolazione versa e, senza arrivare a giustificare l'ingiustificabile, assumersi la sua parte di responsabilità in quello che è accaduto due giorni fa in Francia. Prendersela con l'atteggiamento irresponsabile di Obama, o con il Papa che non li attacca come dovrebbe, come fanno Socci e De Mattei, è facile e, al tempo stesso, non inutile ma, di più, dannoso.
Mi vengono in mente le parole di Gesù, di fronte all'uccisione di alcuni Galilei da parte di Pilato o al crollo della torre di Siloe:
<<In quel tempo, si presentarono a Gesù alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.
Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".>> (Luca 13,1-9)
Se ciascuno di noi la finisse di sentirsi a posto o “per bene” e si mettesse ad aiutare materialmente i meno fortunati (se ne trovano decine ai margini della strada che percorriamo ogni giorno), forse comincerebbe a fare davvero qualcosa di utile per uscire da questa situazione.
"Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza" (Canto XXVI Inferno, Divina Commedia, Dante). 
Siamo a considerare ancora una volta a che estreme aberrazioni può portare l'ignoranza e il non ragionare con la propria testa e l'aver mandato all'ammasso il proprio cervello.
L'invito di Ulisse ai suoi compagni di fronte alle colonne d'Ercole è rivolto oggi a tutti noi.
Inoltre, per concludere, senza escludere tutto ciò che ho scritto finora, occorre intervenire con la forza: è questo, infatti, uno dei casi in cui non solo è lecito ma è necessario usare la forza.
E non bisogna fare passare troppo tempo.

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