me, dopo 54 giorni di "quarantena" |
In questi giorni di forzata clausura, quando arrivano i momenti difficili in cui ti fermi e ti metti a pensare ti può succedere di accorgerti - almeno - di due/tre cose:
1) Siamo molto limitati
Foto di Michael Schwarzenberger |
Per quanto possiamo aver avuto dei risultati nella vita, siamo tutti molto limitati. "Parla per te", mi dirà qualcuno: si certo, mi riferisco anche a me. Capisco che a tutti dia fastidio il senso del limite, eppure questo cosetto da nulla, che sta mettendo in ginocchio il mondo, costringendoci dentro le nostre case, cavolo, qualcosa ci starà pure insegnando, no?
Lo vedi nella realtà di tutti i giorni, che non è mai stata tanto limitata, se non altro fisicamente.
Lo vedi nelle reazioni delle persone, che dopo due mesi di costrizione, hanno abbassato molte difese inibitorie e sparano teorie che normalmente si terrebbero per sé e allora vedi come le nuvolette dei fumetti - quelle unite con i pallini - che contengono i pensieri non detti inizino a materializzarsi, facendoci capire un po' più quelli che ci stanno accanto e dandoci una chiave di lettura diversa anche di noi stessi, che in tanti casi ci eravamo sbagliati: pensavamo..., si: pensavamo...
2) Abbiamo bisogno gli uni degli altri
No, non è il "volemose bene" dolciastro di chi non vuole affrontare il fragore della battaglia, ma la considerazione del fatto che c'è un nemico impalpabile, infinitesimale, insidiosissimo, contro il quale non ha senso metterci a disputare, non ha senso contrastarci a vicenda, mentre molta gente muore e molta altra si ammala. Di fronte alle città più grandi ed efficienti in ginocchio (Milano, New York), occorre cercare ciò che ci unisce e non quello che ci divide, occorre mettere da parte le cacce alle streghe e mettersi a lavorare insieme, fianco a fianco, per ripartire più esperti e più forti dopo. Eppure c'è chi non lo capisce, chi cerca ancora disperatamente di raggranellare quello che è rimasto nelle case, nelle carcasse degli animali morti, nei cunicoli più reconditi delle fogne nauseabonde, il consenso, la propria schifosa, mefitica affermazione dell'io, che ancora non è abbastanza riconosciuto. Questi mitici personaggi, che sono assurti ad una certa notorietà, grazie alla "politica-spettacolo", al momento di dare una dimostrazione di coscienza civica, hanno dimostrato di essere carenti.
Foto di Alexas Fotos |
Salutando coloro che non hanno superato questo periodo, nella speranza di poterci prima o poi congiungerci di nuovo con loro nella realtà che non ha fine, possiamo rialzarci, possiamo riprenderci a condizione di aver tratto insegnamento da quello che è successo. Di aver capito che siamo limitati, che uniti si vince, che possiamo e dobbiamo riprendere a lavorare per realizzare un mondo migliore a partire da noi stessi. Come Diogene possiamo metterci a cercare l'uomo sapendo di trovarlo laddove
a) non è importante soltanto la costruzione della propria personalità e della propria cultura ma, insieme a questo il senso di appartenenza ad una comunità, che possiamo chiamare civis, che è necessaria a tutti e si edifica nel rispetto reciproco, così come nel rispetto dell'interesse superiore della stessa comunità. Indicativo di questo è l'esempio dei siciliani che hanno accolto e curato i malati di Covid-19 e degli stessi malati curati e del sindaco di Bergamo, che memore dell'aiuto ricevuto in questa circostanza, non ha fatto mancare ai poveri del quartiere Zen di Palermo, i dispositivi didattici di cui mancavano per poter assistere alle lezioni.
b) abbiamo bisogno di una classe politica che dimostri, giorno dopo giorno, di aver capito che, oltre alle qualità personali, occorre competenza, capacità dimostrata, non solo e non tanto nella dialettica, ma soprattutto, gestire persone e problemi (ci vogliono esperienze importanti per fare il politico) e, ultima ma non ultima, occorre coscienza nel cogliere le esigenze comuni e nel saper superare il bene esclusivo personale per arrivare al bene comune. Non possono inseguire i capricci, devono dimostrare di essere persone mature. Politica è l'arte di chi ha maturato la visione superiore di chi sa farsi carico dei problemi comuni, avendo sviluppato una capacità di pensiero e di azione, che va necessariamente al di la del "particulare". Chi fra i politici dimostra nei fatti, di avere queste caratteristiche merita di rappresentare il popolo, chi non le ha, smetta di fare il parassita a spese della comunità e si metta a lavorare.
c) anche a livello cittadino, laddove in molti hanno dimostrato, devo ammettere, una maturità (paura, dicono alcuni, ma secondo me vale solo in parte) molto superiori a quelli che, almeno qui a Napoli, mi sarei aspettato, dobbiamo imparare a ragionare in termini di comunità e non possiamo accogliere in essa nessuno che non abbia dimostrato di ragionare e di agire anche in termini comunitari, con esami anche pratici. Tutto questo deve essere supportato da un sistema legislativo, esecutivo e giudiziario che renda credibile l'erogazione delle sanzioni e delle pene per chi sbaglia.
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