T'interessa l'amore o la sua controfigura? Tutti cerchiamo amore - anzi: l'Amore - ma per distinguere quello Vero non basta il Cuore, ci vuole anche la Testa. Per costruire un amore autentico con chi lo merita davvero dobbiamo prima imparare a Ragionare con la nostra Testa, dopo aver cercato tutti gli elementi utili a formarci un'opinione fondata. Ecco una valida strada per farlo. #ragionareconlapropriatesta #amorevero
domenica 24 dicembre 2017
sabato 23 dicembre 2017
venerdì 22 dicembre 2017
Natale a Napoli. Napul'è mille culure...
Come mai tanta gente viene a trascorrere il Natale a Napoli?
Beh, intanto perché a Napoli ci sono i presepi,ma non basta... Perché è pur vero che se ci fosse più civiltà a Napoli tutti ne guadagneremo, ma non è forse altrettanto vero che il grado di civiltà di un posto è inversamente proporzionale alla sua umanità?
Oggi sono "sceso" a san Gregorio Armeno e ho ripreso alcune scene tipiche. Spero che vi piacciano.
Beh, intanto perché a Napoli ci sono i presepi,ma non basta... Perché è pur vero che se ci fosse più civiltà a Napoli tutti ne guadagneremo, ma non è forse altrettanto vero che il grado di civiltà di un posto è inversamente proporzionale alla sua umanità?
Oggi sono "sceso" a san Gregorio Armeno e ho ripreso alcune scene tipiche. Spero che vi piacciano.
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale - 8
Adesso ci troviamo proprio a due passi dalla grotta e vediamo che non siamo i soli ad accorrere. Per forza:dicono che questo sia un bimbo speciale! Dai pastori ai Magi dall'Oriente lontano vengono a visitarlo e sembra proprio che sia molto importante questo bambino. Chi mai sarà? Un re? Non nascerebbe in una grotta... un profeta? Forse...
Andiamo, andiamo a vedere cosa succede ormai non manca molto e, nel frattempo, assistiamo a questa lezione del card. Ratzigner.
Andiamo, andiamo a vedere cosa succede ormai non manca molto e, nel frattempo, assistiamo a questa lezione del card. Ratzigner.
lunedì 18 dicembre 2017
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale - 7
Natale? Per i grandi non è altro che una favola, ma per i piccoli...
La grotta ormai si vede. Non c'è un bagliore che emana, come solitamente appare nelle rappresentazioni sacre: ci sono un uomo, una donna e un bambino nato. Possibile che il Re dei Re abbia deciso di nascere lì? Deve esserci un errore... Non ha senso. Chi di noi non avrebbe scelto potendo, la migliore clinica, oppure l'ospedale del nostro capoluogo? A quei tempi certo, non c'erano gli ospedali, ma almeno un ricovero, un appoggio più dignitoso... Dio stesso avrebbe certamente scelto di nascere al ritorno da quel faticoso viaggio a Betlemme con Maria, povera giovane, in quello stato...!
Tanto per cambiare i nostri piani sarebbero stati diversi e "migliori", più assennati, rispetto a quelli di Dio. Pensa un po'! Pensa tu quanti sapientoni avrebbero giudicato male e impossibile questa scelta da parte di Dio! Non degna di un Padre che è Dio, non degna di un figlio di Dio!
E ancora ci sono questi sapientoni. Questi che decidono che l'unica vera umanità è quella di chi decide coraggiosamente di fare a meno di Dio, che loro si sono i veri uomini, non quelli che credono alle favolette di un Dio fatto a loro immagine e somiglianza. Un Dio che conforta i loro cuori. No, loro fanno a meno delle favole, loro sono adulti, grandi ormai e si sono affrancati dai legami di una Chiesa che dice di rappresentarlo, ma razzola in modo del tutto diverso... non ne parliamo, pedofilia, abusi, interessi economici... Cristo? Si quello era un grand'uomo, ma non era certamente Dio! Che pretesa! Assolutamente fuori luogo! Come poteva sperare un uomo di far credere agli altri di essere il figlio di Dio? Dio stesso! Un alto esempio morale, senz'altro, un grande pensatore, uno dei più grandi della Storia, ma Dio... no Dio, non sappiamo se esiste e se esiste non si occupa certo delle cose di noi uomini...
Ecco, espresso semplicemente, il pensiero di coloro che pensano bene, dei benpensanti, in modo corretto, razionalmente e anche politicamente corretto.
Peccato che questi benpensanti, questi campioni di umanità non abbiano capito un amato... niente!
"Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto queste cose nascoste ai dotti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te..." (Mt 11,25). Il brano qui sotto può commentare validamente (per alcuni) il sublime Evento che ci apprestiamo a festeggiare e che stiamo cercando di capire perché lo festeggiamo. Prima di seguire la video-lezione in fondo alla pagina ti consigliamo di ascoltarlo contemplando la scena della Natività.
La grotta ormai si vede. Non c'è un bagliore che emana, come solitamente appare nelle rappresentazioni sacre: ci sono un uomo, una donna e un bambino nato. Possibile che il Re dei Re abbia deciso di nascere lì? Deve esserci un errore... Non ha senso. Chi di noi non avrebbe scelto potendo, la migliore clinica, oppure l'ospedale del nostro capoluogo? A quei tempi certo, non c'erano gli ospedali, ma almeno un ricovero, un appoggio più dignitoso... Dio stesso avrebbe certamente scelto di nascere al ritorno da quel faticoso viaggio a Betlemme con Maria, povera giovane, in quello stato...!
Natività di Julio Padrino |
Tanto per cambiare i nostri piani sarebbero stati diversi e "migliori", più assennati, rispetto a quelli di Dio. Pensa un po'! Pensa tu quanti sapientoni avrebbero giudicato male e impossibile questa scelta da parte di Dio! Non degna di un Padre che è Dio, non degna di un figlio di Dio!
E ancora ci sono questi sapientoni. Questi che decidono che l'unica vera umanità è quella di chi decide coraggiosamente di fare a meno di Dio, che loro si sono i veri uomini, non quelli che credono alle favolette di un Dio fatto a loro immagine e somiglianza. Un Dio che conforta i loro cuori. No, loro fanno a meno delle favole, loro sono adulti, grandi ormai e si sono affrancati dai legami di una Chiesa che dice di rappresentarlo, ma razzola in modo del tutto diverso... non ne parliamo, pedofilia, abusi, interessi economici... Cristo? Si quello era un grand'uomo, ma non era certamente Dio! Che pretesa! Assolutamente fuori luogo! Come poteva sperare un uomo di far credere agli altri di essere il figlio di Dio? Dio stesso! Un alto esempio morale, senz'altro, un grande pensatore, uno dei più grandi della Storia, ma Dio... no Dio, non sappiamo se esiste e se esiste non si occupa certo delle cose di noi uomini...
Ecco, espresso semplicemente, il pensiero di coloro che pensano bene, dei benpensanti, in modo corretto, razionalmente e anche politicamente corretto.
Peccato che questi benpensanti, questi campioni di umanità non abbiano capito un amato... niente!
"Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto queste cose nascoste ai dotti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te..." (Mt 11,25). Il brano qui sotto può commentare validamente (per alcuni) il sublime Evento che ci apprestiamo a festeggiare e che stiamo cercando di capire perché lo festeggiamo. Prima di seguire la video-lezione in fondo alla pagina ti consigliamo di ascoltarlo contemplando la scena della Natività.
Ed ecco la settima video-lezione sulla fede del card. Joseph Ratzinger:
giovedì 14 dicembre 2017
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale - 6
Siamo ormai nelle immediate vicinanze della grotta.Già si vede il bagliore che emana e si ascolta il canto di un esercito di angeli che accompagnano questa povera famiglia che ha deciso di dare a Dio il via libera per agire nella Storia. E Dio sceglie di comparire senza comparire, solo pochi pastori all'inizio hanno la notizia "Vi è nato un Salvatore".
"Ci" è nato, si è nato per noi il Signore Gesù. Si tratta di un bambino apparentemente uguale a tutti gli altri, apparentemente...
Quanto spesso ci lasciamo fuorviare dalle apparenze. La realtà, la sostanza, quella che sta sotto, come dice la parola stessa, è un'altra. Chiediamo al Signore la grazia di riuscire a vedere un po' di più le cose nella loro sostanza, di non fermarci a quello che le ci direbbero i sensi. I bambini hanno una capacità singolare di cogliere al di là delle apparenze. Ad esempio capiscono subito se uno vuol loro del bene, per questo volevano andare da Gesù, che li amava e li prende a modello per entrare nel Regno dei Cieli.
"Ci" è nato, si è nato per noi il Signore Gesù. Si tratta di un bambino apparentemente uguale a tutti gli altri, apparentemente...
Quanto spesso ci lasciamo fuorviare dalle apparenze. La realtà, la sostanza, quella che sta sotto, come dice la parola stessa, è un'altra. Chiediamo al Signore la grazia di riuscire a vedere un po' di più le cose nella loro sostanza, di non fermarci a quello che le ci direbbero i sensi. I bambini hanno una capacità singolare di cogliere al di là delle apparenze. Ad esempio capiscono subito se uno vuol loro del bene, per questo volevano andare da Gesù, che li amava e li prende a modello per entrare nel Regno dei Cieli.
martedì 12 dicembre 2017
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale - 5
Siamo solo a metà del cammino: ne resta ancora un poco da fare. Meglio così: vogliamo essere pronti per contemplare - termine desueto - la scena della grotta. Allora concentriamoci nelle nostre facoltà interiori ed esterne in modo da far tesoro degli insegnamenti del Card. Ratzinger. Festeggiamo così la Nostra Madre Celeste nel Suo giorno speciale: Madonna di Guadalupe. Vediamo cosa dice al Suo riguardo il sito Santi e Beati:
Autore: Maria Di Lorenzo
Con gli oltre venti milioni di pellegrini che lo visitano ogni anno, il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico, e’ il più frequentato e amato di tutto il Centro e Sud America. Sono pellegrini di ogni razza e d'ogni condizione - uomini, donne, bambini, giovani e anziani - che vi giungono dalle zone limitrofe alla capitale o dai centri più lontani, a piedi o in bicicletta, dopo ore o, più spesso, giorni di cammino e di preghiera.
L’apparizione, nel XVI secolo, della “Virgen Morena” all’indio Juan Diego e’ un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. La basilica ove attualmente si conserva l'immagine miracolosa e’ stata inaugurata nel 1976. Tre anni dopo e’ stata visitata dal papa Giovanni Paolo II, che dal balcone della facciata su cui sono scritte in caratteri d'oro le parole della Madonna a Juan Diego: “No estoy yo aqui que soy tu Madre?”, ha salutato le molte migliaia di messicani confluiti al Tepeyac; nello stesso luogo, nel 1990, ha proclamato beato il veggente Juan Diego, che e’ stato infine dichiarato santo nel 2002.
Che cosa era accaduto in quel lontano secolo XVI in Messico? Con lo sbarco degli spagnoli nelle terre del continente latino-americano aveva avuto inizio la lunga agonia di un popolo che aveva raggiunto un altissimo grado di progresso sociale e religioso. Il 13 agosto 1521 aveva segnato il tramonto di questa civiltà, quando Tenochtitlan, la superba capitale del mondo atzeco, fu saccheggiata e distrutta. L’immane tragedia che ha accompagnato la conquista del Messico da parte degli spagnoli, sancisce per un verso la completa caduta del regno degli aztechi e per l’altro l’affacciarsi di una nuova cultura e civiltà originata dalla mescolanza tra vincitori e vinti. E’ in questo contesto che, dieci anni dopo, va collocata l’apparizione della Madonna a un povero indio di nome Juan Diego, nei pressi di Città del Messico. La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la citta’, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l’indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non puo’ tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide percio’ di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è la’, davanti a lui, e gli domanda il perche’ di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio e’ gia’ guarito, e lo invita a salire sulla sommita’ del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione nè il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale pero’ gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verita’ delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Dolce Signora che si manifesto’ sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. E’ una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L'attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non e’ una pittura, nè un disegno, nè e’ fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone.
La scoperta piu’ sconvolgente al riguardo e’ quella fatta, con l’ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati, che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della S. Vergine: sarebbero lo stesso Juan Diego, con il vescovo e altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi, un fenomeno scientificamente inspiegabile, che rivela l’origine miracolosa dell’immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego in piedi, vestita di sole, non solo gli annuncia che e’ nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi - ad aprire il proprio cuore all'opera di Cristo che ci ama e ci salva. Meditare oggi sull'evento guadalupano, un caso di “inculturazione” miracolosa, significa porsi alla scuola di Maria, maestra di umanita’ e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha recentemente proclamato santo.
L’apparizione, nel XVI secolo, della “Virgen Morena” all’indio Juan Diego e’ un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. La basilica ove attualmente si conserva l'immagine miracolosa e’ stata inaugurata nel 1976. Tre anni dopo e’ stata visitata dal papa Giovanni Paolo II, che dal balcone della facciata su cui sono scritte in caratteri d'oro le parole della Madonna a Juan Diego: “No estoy yo aqui que soy tu Madre?”, ha salutato le molte migliaia di messicani confluiti al Tepeyac; nello stesso luogo, nel 1990, ha proclamato beato il veggente Juan Diego, che e’ stato infine dichiarato santo nel 2002.
Che cosa era accaduto in quel lontano secolo XVI in Messico? Con lo sbarco degli spagnoli nelle terre del continente latino-americano aveva avuto inizio la lunga agonia di un popolo che aveva raggiunto un altissimo grado di progresso sociale e religioso. Il 13 agosto 1521 aveva segnato il tramonto di questa civiltà, quando Tenochtitlan, la superba capitale del mondo atzeco, fu saccheggiata e distrutta. L’immane tragedia che ha accompagnato la conquista del Messico da parte degli spagnoli, sancisce per un verso la completa caduta del regno degli aztechi e per l’altro l’affacciarsi di una nuova cultura e civiltà originata dalla mescolanza tra vincitori e vinti. E’ in questo contesto che, dieci anni dopo, va collocata l’apparizione della Madonna a un povero indio di nome Juan Diego, nei pressi di Città del Messico. La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la citta’, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l’indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non puo’ tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide percio’ di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è la’, davanti a lui, e gli domanda il perche’ di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio e’ gia’ guarito, e lo invita a salire sulla sommita’ del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione nè il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale pero’ gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verita’ delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Dolce Signora che si manifesto’ sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. E’ una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L'attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non e’ una pittura, nè un disegno, nè e’ fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone.
La scoperta piu’ sconvolgente al riguardo e’ quella fatta, con l’ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati, che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della S. Vergine: sarebbero lo stesso Juan Diego, con il vescovo e altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi, un fenomeno scientificamente inspiegabile, che rivela l’origine miracolosa dell’immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego in piedi, vestita di sole, non solo gli annuncia che e’ nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi - ad aprire il proprio cuore all'opera di Cristo che ci ama e ci salva. Meditare oggi sull'evento guadalupano, un caso di “inculturazione” miracolosa, significa porsi alla scuola di Maria, maestra di umanita’ e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha recentemente proclamato santo.
Autore: Maria Di Lorenzo
domenica 10 dicembre 2017
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale - 4
Siamo arrivati quasi a metà strada. Beh, credo che di cose interessanti, ne abbiamo scoperte, no? Decisamente interessanti, sconvolgenti, se ci metterai l'onestà intellettuale per cambiare quello che non va ogni volta che ti rendi conto che le cose stanno davvero così!
Preparati a scoprirne altre di cose interessanti e ricorda: io non voglio sconvolgere nessuno. La colpa è solo Sua, che si ostina a passare per piccolo e inosservato, anche se è grande, grandissimo... il più Grande di tutti.
Preparati a scoprirne altre di cose interessanti e ricorda: io non voglio sconvolgere nessuno. La colpa è solo Sua, che si ostina a passare per piccolo e inosservato, anche se è grande, grandissimo... il più Grande di tutti.
sabato 9 dicembre 2017
venerdì 8 dicembre 2017
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale - 2
Ci siamo. Abbiamo deciso di andare a fondo.Questa volta il Natale non può passare come il solito film che passa senza lasciarti niente se non un po' di magone a fine giornata!
Abbiamo scoperto che non riusciamo a cogliere completamente l'idea di Dio perché siamo tanto limitati. Quanto una formica, che riesce appena a scorgere il dito di una nostra mano ma non tutto noi stessi.
Adesso diamo un'occhiata cosa succede quando nel nostro cuore qualcosa prende il posto che dovrebbe spettare a Dio.
Abbiamo scoperto che non riusciamo a cogliere completamente l'idea di Dio perché siamo tanto limitati. Quanto una formica, che riesce appena a scorgere il dito di una nostra mano ma non tutto noi stessi.
Adesso diamo un'occhiata cosa succede quando nel nostro cuore qualcosa prende il posto che dovrebbe spettare a Dio.
giovedì 7 dicembre 2017
Verso la grotta - Viaggio alla scoperta del Natale -1
Ci avviciniamo al Natale: ci sono molti modi di viverlo.
A Napoli si conosce una canzone di Renato Carosone che fa così:
Mo' vene Natale
Nun tengo denare
me leggio o' giurnale
e me vaco a cuccà.
Lo spirito un po' scanzonato dei napoletani entra facilmente in sintonia con queste parole spiritose, ma tutto sommato tristi dell'autore napoletano e finisce col ripeterlo spesso e noi annuiamo senza volerci nascondere che spesso anche noi non riusciamo a viverlo bene, come vorremmo.
Lo possiamo vivere come una bella festa familiare, in cui ci si rivede con i propri cari, si passano dei bei momenti insieme e se si può - e si vuole - si va a Messa, sennò... beh, in fondo non è così importante, l'importante è stare bene con gli altri. Si questo è l'importante, la Messa non è la cosa più importante.
Lo possiamo vivere con fastidio, anche con una certa apprensione. Il Natale è bello ma è come una fotografia e la mia adesso non è proprio una bella situazione... perché dovrei fare una fotografia? Anzi, sai che ti dico? Mi da fastidio, questo Natale: Natale, Natale, Natale, non si sente parlare d'altro. Ma cos'è questo Natale? Una festa commerciale. Credi ancora alle favole?
Lo possiamo vivere come il succedersi delle solite immagini che si ripetono ogni anno: i bambini che fanno festa, noi che cerchiamo di calpestarci i calli il meno possibile, il presepe, magari anche la messa con la predica del prete che ci ricorda che Gesù si è fatto bambino, i dolci e poi, passata la festa, un senso di vuoto incredibile, un'angoscia senza fine. Certo, è bello stare insieme, ma poi, quando si rimane soli, il cuore si stringe e ci viene da piangere.
Lo possiamo vivere così lasciandolo trascorrere senza che faccia troppo danno e buttando via il bambino con l'acqua sporca.
Lo possiamo vivere anche come un'occasione d'incontrare Dio, sapendo che è venuto per incontrare noi. Veramente non sappiamo da dove iniziare ma, se ci pensiamo bene, non dobbiamo iniziare noi, perché ha già iniziato Lui. Si è fatto bambino!
Cosa avrebbe dovuto fare di più per farsi presente a noi? Per incontrarci e per farsi voler bene? Per insegnarci ad amare, a noi che ce ne dimentichiamo così spesso?
Una strada per tornare a stupirci di fronte alla grotta del presepe è questa magnifica serie di lezioni dell'allora Card. Ratzinger sul Credo, della quale qui inserisco la prima puntata.
Si tratta di una strada importante per arrivare ad apprezzare meglio il Natale, che, alla fine è il Natale di Gesù.
A Napoli si conosce una canzone di Renato Carosone che fa così:
Mo' vene Natale
Nun tengo denare
me leggio o' giurnale
e me vaco a cuccà.
Lo spirito un po' scanzonato dei napoletani entra facilmente in sintonia con queste parole spiritose, ma tutto sommato tristi dell'autore napoletano e finisce col ripeterlo spesso e noi annuiamo senza volerci nascondere che spesso anche noi non riusciamo a viverlo bene, come vorremmo.
Lo possiamo vivere come una bella festa familiare, in cui ci si rivede con i propri cari, si passano dei bei momenti insieme e se si può - e si vuole - si va a Messa, sennò... beh, in fondo non è così importante, l'importante è stare bene con gli altri. Si questo è l'importante, la Messa non è la cosa più importante.
Lo possiamo vivere con fastidio, anche con una certa apprensione. Il Natale è bello ma è come una fotografia e la mia adesso non è proprio una bella situazione... perché dovrei fare una fotografia? Anzi, sai che ti dico? Mi da fastidio, questo Natale: Natale, Natale, Natale, non si sente parlare d'altro. Ma cos'è questo Natale? Una festa commerciale. Credi ancora alle favole?
Lo possiamo vivere come il succedersi delle solite immagini che si ripetono ogni anno: i bambini che fanno festa, noi che cerchiamo di calpestarci i calli il meno possibile, il presepe, magari anche la messa con la predica del prete che ci ricorda che Gesù si è fatto bambino, i dolci e poi, passata la festa, un senso di vuoto incredibile, un'angoscia senza fine. Certo, è bello stare insieme, ma poi, quando si rimane soli, il cuore si stringe e ci viene da piangere.
Lo possiamo vivere così lasciandolo trascorrere senza che faccia troppo danno e buttando via il bambino con l'acqua sporca.
Lo possiamo vivere anche come un'occasione d'incontrare Dio, sapendo che è venuto per incontrare noi. Veramente non sappiamo da dove iniziare ma, se ci pensiamo bene, non dobbiamo iniziare noi, perché ha già iniziato Lui. Si è fatto bambino!
Cosa avrebbe dovuto fare di più per farsi presente a noi? Per incontrarci e per farsi voler bene? Per insegnarci ad amare, a noi che ce ne dimentichiamo così spesso?
Una strada per tornare a stupirci di fronte alla grotta del presepe è questa magnifica serie di lezioni dell'allora Card. Ratzinger sul Credo, della quale qui inserisco la prima puntata.
Si tratta di una strada importante per arrivare ad apprezzare meglio il Natale, che, alla fine è il Natale di Gesù.
sabato 29 luglio 2017
Tre poesie tratte dal libro "Vento del Sud, volevo solo rivedere il mare"
Ecco tre delle poesie contenute in "Vento del Sud, volevo solo rivedere il mare" http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/342919/vento-del-sud/ il mio primo
http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/342919/vento-del-sud/ |
Un bambino
Appena l’alba
posa
i suoi primi
raggi in casa
e stanco ti
trascini
di fronte ad uno
specchio
i sogni di bambino
ti appaiono
lontani
eppure tu li
senti
che stanno lì
vicino
molti anni son
passati
ma tu ti senti
identico
e chiedi a te
guardandoti
che sono quelle
rughe
e quei capelli
candidi
non hanno
cancellato
il cuore ancora
giovane
il sorriso
sbarazzino
ti par passato un
giorno
e forse si, è
così:
il giorno pur
magnifico
del viaggio della
vita.
Il respiro del mare
Vorrei vedere
ancora
Il sole riflesso in mille onde
Che s’infrangono stancamente
Sulla spiaggia
E organizzano un gioco di rincorse
Concentriche
Il sole riflesso in mille onde
Che s’infrangono stancamente
Sulla spiaggia
E organizzano un gioco di rincorse
Concentriche
Eccentriche
Proprio dove s’incontrano
I ciottoli arrotondati
Dal lungo lavorio dell’acqua
Mi lava e mi linda l’anima
Il respiro del mare
E mi fa pensare
Ancora una volta
Quanto Dio mi ama
Ad ogni onda che ritorna
Ad ogni respiro che sbiadisce
Sembra ripeterti
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Non lo capisci ancora?
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Non tutto è perduto
Non tutto è compromesso
C’è ancora uno spiraglio
Perché io che ti ho fatto
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Ancora
Ancora
Proprio dove s’incontrano
I ciottoli arrotondati
Dal lungo lavorio dell’acqua
Mi lava e mi linda l’anima
Il respiro del mare
E mi fa pensare
Ancora una volta
Quanto Dio mi ama
Ad ogni onda che ritorna
Ad ogni respiro che sbiadisce
Sembra ripeterti
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Non lo capisci ancora?
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Non tutto è perduto
Non tutto è compromesso
C’è ancora uno spiraglio
Perché io che ti ho fatto
Ti voglio bene
Ti voglio bene
Ancora
Ancora
Amore vero
Amore vero è
chiedere come stai
ma ancor di più capirlo al volo
Guardare negli occhi esprimendo amore
Dare una carezza senza aspettarsi nulla
Amare sapendosi amati
Cercare sapendosi cercati
Non chiudere gli occhi verso i difetti altrui
Essere grati all'altro per l'indulgenza sui propri
Avere il cuore pieno
di calore, di colori, di luce, di gioia, d'amore
Essere pronti a rinunciare a qualcosa per l'altro
Non dormire la notte se l'altro sta male
Sacrificarsi per l'altro
ed essere contenti di questo
senza rinfacciarglielo mai
Sentirne la mancanza
Gioire della sua presenza
Assaporarne la mancanza
Assaporarne la presenza
Gioire anche solo del fatto che c'è
Anche quando non è più fra di noi
Perché niente distrugge l'amore
Neppure la morte
Amore vero è chiedere scusa
Chiedere scusa è da grandi
da più grandi
Amore vero è rispetto profondo
Saper ascoltare
Non alzare la voce
non maltrattare
Dire umilmente la propria
senza voler sopraffare
Aspettare i tempi dell'altro
quando non è pronto
ad accettare
una cosa più grande di entrambi
che forse tu vedi e l'altro no
oppure l'altro vede e tu no
per questo non esiste chi ha ragione e chi ha torto
perché si vince solo se si convince
se si vince insieme
altrimenti è una ben triste vittoria
in realtà è una sconfitta di entrambi
Amore vero è accogliersi in pieno
in tutto e per tutto
senza condizioni
volendo correggere i difetti
ma sapendo amare anche con quelli
Amore vero è sapersi mettere al di sotto
per capire davvero come stanno le cose
Non togliere mai il proprio sostegno
se non per lasciare libero l'altro
chiedere come stai
ma ancor di più capirlo al volo
Guardare negli occhi esprimendo amore
Dare una carezza senza aspettarsi nulla
Amare sapendosi amati
Cercare sapendosi cercati
Non chiudere gli occhi verso i difetti altrui
Essere grati all'altro per l'indulgenza sui propri
Avere il cuore pieno
di calore, di colori, di luce, di gioia, d'amore
Essere pronti a rinunciare a qualcosa per l'altro
Non dormire la notte se l'altro sta male
Sacrificarsi per l'altro
ed essere contenti di questo
senza rinfacciarglielo mai
Sentirne la mancanza
Gioire della sua presenza
Assaporarne la mancanza
Assaporarne la presenza
Gioire anche solo del fatto che c'è
Anche quando non è più fra di noi
Perché niente distrugge l'amore
Neppure la morte
Amore vero è chiedere scusa
Chiedere scusa è da grandi
da più grandi
Amore vero è rispetto profondo
Saper ascoltare
Non alzare la voce
non maltrattare
Dire umilmente la propria
senza voler sopraffare
Aspettare i tempi dell'altro
quando non è pronto
ad accettare
una cosa più grande di entrambi
che forse tu vedi e l'altro no
oppure l'altro vede e tu no
per questo non esiste chi ha ragione e chi ha torto
perché si vince solo se si convince
se si vince insieme
altrimenti è una ben triste vittoria
in realtà è una sconfitta di entrambi
Amore vero è accogliersi in pieno
in tutto e per tutto
senza condizioni
volendo correggere i difetti
ma sapendo amare anche con quelli
Amore vero è sapersi mettere al di sotto
per capire davvero come stanno le cose
Non togliere mai il proprio sostegno
se non per lasciare libero l'altro
Perché non c’è
amore senza libertà
Né libertà senza
amore
Presentazione del libro di poesie "Vento del Sud, volevo solo rivedere il mare"
Raccolta di poesie sparse. Erano sparse nel tempo, in diversi cassetti, in diverse vite, in diverse città: adesso sono alla settima. Città e vita. Se fossi un gatto avrei da temere. Siccome sono a Napoli ho da temere lo stesso: "Vedi Napoli e poi ..." Schhh! Statt' zitt'!"
Ma tanto morire si deve.
Per cui non occorre "incaricarsene" come si direbbe da queste parti, o preoccuparsi. Tanto non cambia nulla. Pensarci prima, non serve, pensarci dopo, neppure.
Occorre pensarci adesso, affrontando la realtà e la vita con coraggio, a viso aperto, che in fondo si vive una sola volta.
L'altra vita non è che una prosecuzione di questa, un passaggio dal bianco e nero ai colori.
venerdì 28 luglio 2017
Appello per l'Inghilterra: sta morendo con Charlie!
I suoi genitori si erano opposti alla decisione del Great Ormond Street Hospital di Londra, dove era ricoverato il bimbo, di staccare la spina al piccolo, in quanto non ci sarebbero più sufficienti speranze di ripresa.
A questo punto è intervenuta l'opinione pubblica internazionale - fra i quali il nostro Presidente Mattarella, il Presidente americano Trump - e chiede di salvare il piccolo. L'Ospedale Bambin Gesù di Roma d'accordo con un'equipe ospedaliera americana - per tentare la terapia alternativa che il neurologo Michio Hirano sta sperimentando in fase embrionale alla Columbia University di New York - mette in atto un protocollo che - affermano - potrebbe salvare la vita di Charlie.
"Gli esperti della equipe internazionale che ha redatto il documento propongono una terapia a base di deossinucleosidi, delle molecole simili ai 'mattoni' del Dna. Nel documento dimostrano, sulla base di studi già su riviste scientifiche e di dati ancora non pubblicati, che queste molecole sono in grado di superare la barriera emato-encefalica, quella che separa i vasi sanguigni dal cervello, e quindi avere effetto sull'encefalopatia che ha colpito il piccolo. "Esistono evidenze scientifiche - scrivono - a sostegno del fatto che i deossinucleotidi esogeni applicati a cellule umane con mutazione RRM2B in coltura, accrescono la replicazione e favoriscono il miglioramento della sindrome da deplezione del DNA".
La mutazione a cui si riferiscono i medici è la stessa che colpisce il piccolo. "Siamo consapevoli - concludono gli esperti - del fatto che la terapia con deossinucleotidi per il deficit RRM2B sia sperimentale e, in teoria, dovrebbe essere testata su modelli murini. Tuttavia, non c'è tempo sufficiente per svolgere questi studi e giustificare il trattamento per Charlie Gard, che è affetto da una grave encefalopatia dovuta a mutazioni RRM2B. Alla luce di questi importanti nuovi risultati riguardanti la biodisponibilità dei deossinucleotidi somministrati per via esogena nel sistema nervoso centrale, chiediamo rispettosamente che questa terapia possa essere somministrata a Charlie Gard".
Ma il tempo passa e, benché il bambino reagisca alle cure rimanendo in vita ben al di là di quello che avrebbero consentito i medici del G.O.S.H. (che già a febbraio avrebbero staccato la spina se le funzioni celebrali e vitali del piccolo sono compromesse definitivamente.
A questo punto i genitori chiedono di avere a casa il piccolo per assisterlo nelle sue ultime ore ma il G.O.S.H. non concede di portalo a casa perché "il ventilatore non passa dalla porta e ci sono scale e spigoli da superare". Il giudice decide di non assegnarlo ai genitori ma ad un Hospice incaricato di stubarlo. Sembra un dramma incredibile ma purtroppo è la triste realtà!
Con Charlie sta morendo anche l'Inghilterra, grande paese in fin di vita, che decidendo di strappare un figlio ai propri genitori ha perso ogni traccia di umanità, nei suoi medici, nei suoi giudici, nella sua intera grave responsabilità.
Ieri sera alle 19,00 Charlie ci ha lasciato. Siamo ormai in piena eutanasia: stabilire, senza il consenso dei genitori, che il miglior interesse per il bambino è quello di staccare la spina non è altro che questo. Che Dio ci aiuti! Ieri sera Mons. Paglia, molto vicino al Papa diceva "Dio non stacca la spina". Adesso è il momento di pregare. Pregare e riflettere.
mercoledì 26 luglio 2017
Il mio primo libro di poesie: VENTO DEL SUD, volevo solo rivedere il mare
Raccolta di poesie sparse. Erano sparse nel tempo, in diversi cassetti, in diverse vite, in diverse città: adesso sono alla settima. Città e vita. Se fossi un gatto avrei da temere. Siccome sono a Napoli ho da temere lo stesso:
"Vedi Napoli e poi ...!" Schhh! Statt' zitt'!
Ma tanto morire si deve.
Per cui non occorre "incaricarsene" come si direbbe da queste parti, o preoccuparsi. Tanto non cambia nulla. Pensarci prima, non serve, pensarci dopo, neppure.
Occorre pensarci adesso, affrontando la realtà e la vita con coraggio, a viso aperto, che in fondo si vive una sola volta. L'altra vita non è che una prosecuzione di questa, un passaggio dal bianco e nero ai colori.
mercoledì 12 luglio 2017
In difesa di Charlie Gard
L'amore deriva dalla vita, genera la vita e, come la vita, è per sempre.
Come la Vita. Guardate la mamma di Charlie. Vi sembra un'ossessa? Una persona che ha perso il ben dell'intelletto e che vuole trasformare il proprio figlioletto in una cavia? In questi giorni ne sentiamo di tutti i colori.
Come la Vita. Guardate la mamma di Charlie. Vi sembra un'ossessa? Una persona che ha perso il ben dell'intelletto e che vuole trasformare il proprio figlioletto in una cavia? In questi giorni ne sentiamo di tutti i colori.
Stiamo assistendo con ansia alle procedure per tenere in vita Charlie Gard, il bimbo inglese affetto da una malattia encefalica rarissima che è passato all'onore della cronaca per l'opposizione dei genitori alla decisione del Great Ormond Hospital di Londra, dove è ricoverato il bimbo, di staccare la spina al piccolo, in quanto non ci sarebbero più sufficienti speranze di ripresa.
A questo punto interviene l'opinione pubblica internazionale - fra i quali il nostro Presidente Mattarella, il Presidente americano Trump - e chiede di salvare il piccolo. L'Ospedale Bambin Gesù di Roma d'accordo con un'equipe ospedaliera americana mette in atto un protocollo che - affermano - potrebbe salvare la vita di Charlie.
"Gli esperti della equipe internazionale che ha redatto il documento propongono una terapia a base di deossinucleosidi, delle molecole simili ai 'mattoni' del Dna. Nel documento dimostrano, sulla base di studi già su riviste scientifiche e di dati ancora non pubblicati, che queste molecole sono in grado di superare la barriera emato-encefalica, quella che separa i vasi sanguigni dal cervello, e quindi avere effetto sull'encefalopatia che ha colpito il piccolo. "Esistono evidenze scientifiche - scrivono - a sostegno del fatto che i deossinucleotidi esogeni applicati a cellule umane con mutazione RRM2B in coltura, accrescono la replicazione e favoriscono il miglioramento della sindrome da deplezione del DNA".
La mutazione a cui si riferiscono i medici è la stessa che colpisce il piccolo. "Siamo consapevoli - concludono gli esperti - del fatto che la terapia con deossinucleotidi per il deficit RRM2B sia sperimentale e, in teoria, dovrebbe essere testata su modelli murini. Tuttavia, non c'è tempo sufficiente per svolgere questi studi e giustificare il trattamento per Charlie Gard, che è affetto da una grave encefalopatia dovuta a mutazioni RRM2B. Alla luce di questi importanti nuovi risultati riguardanti la biodisponibilità dei deossinucleotidi somministrati per via esogena nel sistema nervoso centrale, chiediamo rispettosamente che questa terapia possa essere somministrata a Charlie Gard".
Ciononostante la parola è al giudice che domani, giovedì 13 luglio, ascolterà le ragioni dei genitori di Charlie per provare a salvare la vita piuttosto che a lasciarlo morire.
Mentre ai medici del GOSH va il plauso di tutti per aver tenuto in vita Charlie fino ad ora, tutto questo adesso ha il sapore di un immenso sproposito. Si chiede al giudice di lasciar partire Charlie per l'Italia, tenuto conto che se i genitori di Charlie non fossero intervenuti a quest'ora il piccolo sarebbe già morto.
venerdì 2 giugno 2017
Esiste l'amore vero?
Amore vero è
chiedere come stai
ma ancor di più capirlo al volo
Guardare negli occhi esprimendo amore
Dare una carezza senza aspettarsi nulla
Amare sapendosi amati
Cercare sapendosi cercati
Non chiudere gli occhi verso i difetti altrui
Essere grati all'altro per l'indulgenza sui propri
Avere il cuore pieno
di calore, di colori, di luce, di gioia, d'amore
Essere pronti a rinunciare a qualcosa per l'altro
Non dormire la notte se l'altro sta male
Sacrificarsi per l'altro
ed essere contenti di questo
senza rinfacciarglielo mai
Sentirne la mancanza
Gioire della sua presenza
Assaporarne la mancanza
Assaporarne la presenza
Gioire anche solo del fatto che c'è
Anche quando non è più fra di noi
Perché niente distrugge l'amore
Neppure la morte
Amore vero è chiedere scusa
Chiedere scusa è da grandi
da più grandi
Amore vero è rispetto profondo
Saper ascoltare
Non alzare la voce
non maltrattare
Dire umilmente la propria
senza voler sopraffare
Aspettare i tempi dell'altro
quando non è pronto
ad accettare
una cosa più grande di entrambi
che forse tu vedi e l'altro no
oppure l'altro vede e tu no
per questo non esiste chi ha ragione e chi ha torto
perché si vince solo se si convince
se si vince insieme
altrimenti è una ben triste vittoria
in realtà è una sconfitta di entrambi
Amore vero è accogliersi in pieno
in tutto e per tutto
senza condizioni
volendo correggere i difetti
ma sapendo amare anche con quelli
Amore vero è sapersi mettere al di sotto
per capire davvero come stanno le cose
Non togliere mai il proprio sostegno
se non per lasciare libero l'altro
Non c'è amore senza libertà
Né libertà senza amore
chiedere come stai
ma ancor di più capirlo al volo
Guardare negli occhi esprimendo amore
Dare una carezza senza aspettarsi nulla
Amare sapendosi amati
Cercare sapendosi cercati
Non chiudere gli occhi verso i difetti altrui
Essere grati all'altro per l'indulgenza sui propri
Avere il cuore pieno
di calore, di colori, di luce, di gioia, d'amore
Essere pronti a rinunciare a qualcosa per l'altro
Non dormire la notte se l'altro sta male
Sacrificarsi per l'altro
ed essere contenti di questo
senza rinfacciarglielo mai
Sentirne la mancanza
Gioire della sua presenza
Assaporarne la mancanza
Assaporarne la presenza
Gioire anche solo del fatto che c'è
Anche quando non è più fra di noi
Perché niente distrugge l'amore
Neppure la morte
Amore vero è chiedere scusa
Chiedere scusa è da grandi
da più grandi
Amore vero è rispetto profondo
Saper ascoltare
Non alzare la voce
non maltrattare
Dire umilmente la propria
senza voler sopraffare
Aspettare i tempi dell'altro
quando non è pronto
ad accettare
una cosa più grande di entrambi
che forse tu vedi e l'altro no
oppure l'altro vede e tu no
per questo non esiste chi ha ragione e chi ha torto
perché si vince solo se si convince
se si vince insieme
altrimenti è una ben triste vittoria
in realtà è una sconfitta di entrambi
Amore vero è accogliersi in pieno
in tutto e per tutto
senza condizioni
volendo correggere i difetti
ma sapendo amare anche con quelli
Amore vero è sapersi mettere al di sotto
per capire davvero come stanno le cose
Non togliere mai il proprio sostegno
se non per lasciare libero l'altro
Non c'è amore senza libertà
Né libertà senza amore
sabato 20 maggio 2017
L'amore vero nel Cantico dei Cantici
Nella trattazione dell'Amore Vero non possiamo omettere la fonte biblica, che è presente in tutta la sua bellezza e profondità nel Cantico dei Cantici, attribuito al Re Salomone, che scrisse alcune migliaia fra proverbi e poesie. Questo lascia intendere che "il Cantico non è solo fonte di diletto ma d'insegnamento", come fa notare il Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" in un suo scritto sull'argomento (www.istitutogp2.it/public/Cantico%20dei%20cantici.pdf). Da leggere, dai!
Partiamo dal testo (Edizione della Conferenza Episcopale Italiana).
TITOLO E PROLOGO
La sposa
PRIMO POEMA
La sposa
Il coro
Lo sposo
Duetto
SECONDO POEMA
La sposa
Lo sposo
TERZO POEMA
Il poeta
Cantico dei Cantici - Capitolo 4
Lo sposo
La sposa
Cantico dei Cantici - Capitolo 5
Lo sposo
QUARTO POEMA
La sposa
Il coro
La sposa
Cantico dei Cantici - Capitolo 6
Il coro
La sposa
QUINTO POEMA
Lo sposo
Cantico dei Cantici - Capitolo 7
Il coro
Lo sposo
La sposa
Cantico dei Cantici - Capitolo 8
Lo sposo
EPILOGO
La sposa
APPENDICI
Due epigrammi
Ultime aggiunte
Marc Chagall, Gli amanti di Vence, 1957 |
Partiamo dal testo (Edizione della Conferenza Episcopale Italiana).
Cantico dei Cantici - Capitolo 1
TITOLO E PROLOGO
[1]Cantico dei cantici, che è di Salomone.
La sposa
[2]Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
[3]Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
[4]Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
[3]Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
[4]Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!
PRIMO POEMA
La sposa
[5]Bruna sono ma bella,
o figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar,
come i padiglioni di Salma.
[6]Non state a guardare che sono bruna,
poiché mi ha abbronzato il sole.
I figli di mia madre si sono sdegnati con me:
mi hanno messo a guardia delle vigne;
la mia vigna, la mia, non l'ho custodita.
[7]Dimmi, o amore dell'anima mia,
dove vai a pascolare il gregge,
dove lo fai riposare al meriggio,
perché io non sia come vagabonda
dietro i greggi dei tuoi compagni.
o figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar,
come i padiglioni di Salma.
[6]Non state a guardare che sono bruna,
poiché mi ha abbronzato il sole.
I figli di mia madre si sono sdegnati con me:
mi hanno messo a guardia delle vigne;
la mia vigna, la mia, non l'ho custodita.
[7]Dimmi, o amore dell'anima mia,
dove vai a pascolare il gregge,
dove lo fai riposare al meriggio,
perché io non sia come vagabonda
dietro i greggi dei tuoi compagni.
Il coro
[8]Se non lo sai, o bellissima tra le donne,
segui le orme del gregge
e mena a pascolare le tue caprette
presso le dimore dei pastori.
segui le orme del gregge
e mena a pascolare le tue caprette
presso le dimore dei pastori.
Lo sposo
[9]Alla cavalla del cocchio del faraone
io ti assomiglio, amica mia.
[10]Belle sono le tue guance fra i pendenti,
il tuo collo fra i vezzi di perle.
[11]Faremo per te pendenti d'oro,
con grani d'argento.
io ti assomiglio, amica mia.
[10]Belle sono le tue guance fra i pendenti,
il tuo collo fra i vezzi di perle.
[11]Faremo per te pendenti d'oro,
con grani d'argento.
Duetto
[12]Mentre il re è nel suo recinto,
il mio nardo spande il suo profumo.
[13]Il mio diletto è per me un sacchetto di mirra,
riposa sul mio petto.
[14]Il mio diletto è per me un grappolo di cipro
nelle vigne di Engàddi.
[15]Come sei bella, amica mia, come sei bella!
I tuoi occhi sono colombe.
[16]Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso!
Anche il nostro letto è verdeggiante.
[17]Le travi della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto sono i cipressi.
il mio nardo spande il suo profumo.
[13]Il mio diletto è per me un sacchetto di mirra,
riposa sul mio petto.
[14]Il mio diletto è per me un grappolo di cipro
nelle vigne di Engàddi.
[15]Come sei bella, amica mia, come sei bella!
I tuoi occhi sono colombe.
[16]Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso!
Anche il nostro letto è verdeggiante.
[17]Le travi della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto sono i cipressi.
[1]Io sono un narciso di Saron,
un giglio delle valli.
[2]Come un giglio fra i cardi,
così la mia amata tra le fanciulle.
[3]Come un melo tra gli alberi del bosco,
il mio diletto fra i giovani.
Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo
e dolce è il suo frutto al mio palato.
[4]Mi ha introdotto nella cella del vino
e il suo vessillo su di me è amore.
[5]Sostenetemi con focacce d'uva passa,
rinfrancatemi con pomi,
perché io sono malata d'amore.
[6]La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
[7]Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché essa non lo voglia.
un giglio delle valli.
[2]Come un giglio fra i cardi,
così la mia amata tra le fanciulle.
[3]Come un melo tra gli alberi del bosco,
il mio diletto fra i giovani.
Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo
e dolce è il suo frutto al mio palato.
[4]Mi ha introdotto nella cella del vino
e il suo vessillo su di me è amore.
[5]Sostenetemi con focacce d'uva passa,
rinfrancatemi con pomi,
perché io sono malata d'amore.
[6]La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
[7]Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché essa non lo voglia.
SECONDO POEMA
La sposa
[8]Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
[9]Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
[10]Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
[11]Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
[12]i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
[13]Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
[14]O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro».
[15]Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che guastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
[16]Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli pascola il gregge fra i gigli.
[17]Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, o mio diletto,
somigliante alla gazzella
o al cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
[9]Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
[10]Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
[11]Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
[12]i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
[13]Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
[14]O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro».
[15]Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che guastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
[16]Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli pascola il gregge fra i gigli.
[17]Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, o mio diletto,
somigliante alla gazzella
o al cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.
Cantico dei Cantici - Capitolo 3
[1]Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
l'amato del mio cuore;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
[2]«Mi alzerò e farò il giro della città;
per le strade e per le piazze;
voglio cercare l'amato del mio cuore».
L'ho cercato, ma non l'ho trovato.
[3]Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda:
«Avete visto l'amato del mio cuore?».
[4]Da poco le avevo oltrepassate,
quando trovai l'amato del mio cuore.
Lo strinsi fortemente e non lo lascerò
finché non l'abbia condotto in casa di mia madre,
nella stanza della mia genitrice.
l'amato del mio cuore;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
[2]«Mi alzerò e farò il giro della città;
per le strade e per le piazze;
voglio cercare l'amato del mio cuore».
L'ho cercato, ma non l'ho trovato.
[3]Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda:
«Avete visto l'amato del mio cuore?».
[4]Da poco le avevo oltrepassate,
quando trovai l'amato del mio cuore.
Lo strinsi fortemente e non lo lascerò
finché non l'abbia condotto in casa di mia madre,
nella stanza della mia genitrice.
Lo sposo
[5]Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle e per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata
finché essa non lo voglia.
per le gazzelle e per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata
finché essa non lo voglia.
TERZO POEMA
Il poeta
[6]Che cos'è che sale dal deserto
come una colonna di fumo,
esalando profumo di mirra e d'incenso
e d'ogni polvere aromatica?
[7]Ecco, la lettiga di Salomone:
sessanta prodi le stanno intorno,
tra i più valorosi d'Israele.
[8]Tutti sanno maneggiare la spada,
sono esperti nella guerra;
ognuno porta la spada al fianco
contro i pericoli della notte.
[9]Un baldacchino s'è fatto il re Salomone,
con legno del Libano.
[10]Le sue colonne le ha fatte d'argento,
d'oro la sua spalliera;
il suo seggio di porpora,
il centro è un ricamo d'amore
delle fanciulle di Gerusalemme.
[11]Uscite figlie di Sion,
guardate il re Salomone
con la corona che gli pose sua madre,
nel giorno delle sue nozze,
nel giorno della gioia del suo cuore.
come una colonna di fumo,
esalando profumo di mirra e d'incenso
e d'ogni polvere aromatica?
[7]Ecco, la lettiga di Salomone:
sessanta prodi le stanno intorno,
tra i più valorosi d'Israele.
[8]Tutti sanno maneggiare la spada,
sono esperti nella guerra;
ognuno porta la spada al fianco
contro i pericoli della notte.
[9]Un baldacchino s'è fatto il re Salomone,
con legno del Libano.
[10]Le sue colonne le ha fatte d'argento,
d'oro la sua spalliera;
il suo seggio di porpora,
il centro è un ricamo d'amore
delle fanciulle di Gerusalemme.
[11]Uscite figlie di Sion,
guardate il re Salomone
con la corona che gli pose sua madre,
nel giorno delle sue nozze,
nel giorno della gioia del suo cuore.
Cantico dei Cantici - Capitolo 4
Lo sposo
[1]Come sei bella, amica mia, come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Gàlaad.
[2]I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte procedono appaiate,
e nessuna è senza compagna.
[3]Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca è soffusa di grazia;
come spicchio di melagrana la tua gota
attraverso il tuo velo.
[4]Come la torre di Davide il tuo collo,
costruita a guisa di fortezza.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di prodi.
[5]I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.
[6]Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra
e alla collina dell'incenso.
[7]Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia.
[8]Vieni con me dal Libano, o sposa,
con me dal Libano, vieni!
Osserva dalla cima dell'Amana,
dalla cima del Senìr e dell'Ermon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
[9]Tu mi hai rapito il cuore,
sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore
con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!
[10]Quanto sono soavi le tue carezze,
sorella mia, sposa,
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
[11]Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c'è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
[12]Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
[13]I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
[14]nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
[15]Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Gàlaad.
[2]I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte procedono appaiate,
e nessuna è senza compagna.
[3]Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca è soffusa di grazia;
come spicchio di melagrana la tua gota
attraverso il tuo velo.
[4]Come la torre di Davide il tuo collo,
costruita a guisa di fortezza.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di prodi.
[5]I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.
[6]Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra
e alla collina dell'incenso.
[7]Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia.
[8]Vieni con me dal Libano, o sposa,
con me dal Libano, vieni!
Osserva dalla cima dell'Amana,
dalla cima del Senìr e dell'Ermon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
[9]Tu mi hai rapito il cuore,
sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore
con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!
[10]Quanto sono soavi le tue carezze,
sorella mia, sposa,
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
[11]Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c'è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
[12]Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
[13]I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
[14]nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
[15]Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.
La sposa
[16]Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.
Cantico dei Cantici - Capitolo 5
Lo sposo
[1]Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa,
e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo;
mangio il mio favo e il mio miele,
bevo il mio vino e il mio latte.
Mangiate, amici, bevete;
inebriatevi, o cari.
e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo;
mangio il mio favo e il mio miele,
bevo il mio vino e il mio latte.
Mangiate, amici, bevete;
inebriatevi, o cari.
QUARTO POEMA
La sposa
[2]Io dormo, ma il mio cuore veglia.
Un rumore! E' il mio diletto che bussa:
«Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, perfetta mia;
perché il mio capo è bagnato di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne».
[3]«Mi sono tolta la veste;
come indossarla ancora?
Mi sono lavata i piedi;
come ancora sporcarli?».
[4]Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio
e un fremito mi ha sconvolta.
[5]Mi sono alzata per aprire al mio diletto
e le mie mani stillavano mirra,
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
[6]Ho aperto allora al mio diletto,
ma il mio diletto gia se n'era andato, era scomparso.
Io venni meno, per la sua scomparsa.
L'ho cercato, ma non l'ho trovato,
l'ho chiamato, ma non m'ha risposto.
Un rumore! E' il mio diletto che bussa:
«Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, perfetta mia;
perché il mio capo è bagnato di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne».
[3]«Mi sono tolta la veste;
come indossarla ancora?
Mi sono lavata i piedi;
come ancora sporcarli?».
[4]Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio
e un fremito mi ha sconvolta.
[5]Mi sono alzata per aprire al mio diletto
e le mie mani stillavano mirra,
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
[6]Ho aperto allora al mio diletto,
ma il mio diletto gia se n'era andato, era scomparso.
Io venni meno, per la sua scomparsa.
L'ho cercato, ma non l'ho trovato,
l'ho chiamato, ma non m'ha risposto.
[7]Mi han trovato le guardie che perlustrano la città;
mi han percosso, mi hanno ferito,
mi han tolto il mantello
le guardie delle mura.
[8]Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il mio diletto,
che cosa gli racconterete?
Che sono malata d'amore!
mi han percosso, mi hanno ferito,
mi han tolto il mantello
le guardie delle mura.
[8]Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il mio diletto,
che cosa gli racconterete?
Che sono malata d'amore!
Il coro
[9]Che ha il tuo diletto di diverso da un altro,
o tu, la più bella fra le donne?
Che ha il tuo diletto di diverso da un altro,
perché così ci scongiuri?
o tu, la più bella fra le donne?
Che ha il tuo diletto di diverso da un altro,
perché così ci scongiuri?
La sposa
[10]Il mio diletto è bianco e vermiglio,
riconoscibile fra mille e mille.
[11]Il suo capo è oro, oro puro,
i suoi riccioli grappoli di palma,
neri come il corvo.
[12]I suoi occhi, come colombe
su ruscelli di acqua;
i suoi denti bagnati nel latte,
posti in un castone.
[13]Le sue guance, come aiuole di balsamo,
aiuole di erbe profumate;
le sue labbra sono gigli,
che stillano fluida mirra.
[14]Le sue mani sono anelli d'oro,
incastonati di gemme di Tarsis.
Il suo petto è tutto d'avorio,
tempestato di zaffiri.
[15]Le sue gambe, colonne di alabastro,
posate su basi d'oro puro.
Il suo aspetto è quello del Libano,
magnifico come i cedri.
[16]Dolcezza è il suo palato;
egli è tutto delizie!
Questo è il mio diletto, questo è il mio amico,
o figlie di Gerusalemme.
riconoscibile fra mille e mille.
[11]Il suo capo è oro, oro puro,
i suoi riccioli grappoli di palma,
neri come il corvo.
[12]I suoi occhi, come colombe
su ruscelli di acqua;
i suoi denti bagnati nel latte,
posti in un castone.
[13]Le sue guance, come aiuole di balsamo,
aiuole di erbe profumate;
le sue labbra sono gigli,
che stillano fluida mirra.
[14]Le sue mani sono anelli d'oro,
incastonati di gemme di Tarsis.
Il suo petto è tutto d'avorio,
tempestato di zaffiri.
[15]Le sue gambe, colonne di alabastro,
posate su basi d'oro puro.
Il suo aspetto è quello del Libano,
magnifico come i cedri.
[16]Dolcezza è il suo palato;
egli è tutto delizie!
Questo è il mio diletto, questo è il mio amico,
o figlie di Gerusalemme.
Cantico dei Cantici - Capitolo 6
Il coro
[1]Dov'è andato il tuo diletto,
o bella fra le donne?
Dove si è recato il tuo diletto,
perché noi lo possiamo cercare con te?
o bella fra le donne?
Dove si è recato il tuo diletto,
perché noi lo possiamo cercare con te?
La sposa
[2]Il mio diletto era sceso nel suo giardino
fra le aiuole del balsamo
a pascolare il gregge nei giardini
e a cogliere gigli.
[3]Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me;
egli pascola il gregge tra i gigli.
fra le aiuole del balsamo
a pascolare il gregge nei giardini
e a cogliere gigli.
[3]Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me;
egli pascola il gregge tra i gigli.
QUINTO POEMA
Lo sposo
[4]Tu sei bella, amica mia, come Tirza,
leggiadra come Gerusalemme,
terribile come schiere a vessilli spiegati.
[5]Distogli da me i tuoi occhi:
il loro sguardo mi turba.
Le tue chiome sono come un gregge di capre
che scendono dal Gàlaad.
[6]I tuoi denti come un gregge di pecore
che risalgono dal bagno.
Tutte procedono appaiate
e nessuna è senza compagna.
[7]Come spicchio di melagrana la tua gota,
attraverso il tuo velo.
[8]Sessanta sono le regine,
ottanta le altre spose,
le fanciulle senza numero.
[9]Ma unica è la mia colomba la mia perfetta,
ella è l'unica di sua madre,
la preferita della sua genitrice.
L'hanno vista le giovani e l'hanno detta beata,
le regine e le altre spose ne hanno intessuto le lodi.
[10]«Chi è costei che sorge come l'aurora,
bella come la luna, fulgida come il sole,
terribile come schiere a vessilli spiegati?».
[11]Nel giardino dei noci io sono sceso,
per vedere il verdeggiare della valle,
per vedere se la vite metteva germogli,
se fiorivano i melograni.
[12]Non lo so, ma il mio desiderio mi ha posto
sui carri di Ammi-nadìb.
leggiadra come Gerusalemme,
terribile come schiere a vessilli spiegati.
[5]Distogli da me i tuoi occhi:
il loro sguardo mi turba.
Le tue chiome sono come un gregge di capre
che scendono dal Gàlaad.
[6]I tuoi denti come un gregge di pecore
che risalgono dal bagno.
Tutte procedono appaiate
e nessuna è senza compagna.
[7]Come spicchio di melagrana la tua gota,
attraverso il tuo velo.
[8]Sessanta sono le regine,
ottanta le altre spose,
le fanciulle senza numero.
[9]Ma unica è la mia colomba la mia perfetta,
ella è l'unica di sua madre,
la preferita della sua genitrice.
L'hanno vista le giovani e l'hanno detta beata,
le regine e le altre spose ne hanno intessuto le lodi.
[10]«Chi è costei che sorge come l'aurora,
bella come la luna, fulgida come il sole,
terribile come schiere a vessilli spiegati?».
[11]Nel giardino dei noci io sono sceso,
per vedere il verdeggiare della valle,
per vedere se la vite metteva germogli,
se fiorivano i melograni.
[12]Non lo so, ma il mio desiderio mi ha posto
sui carri di Ammi-nadìb.
Cantico dei Cantici - Capitolo 7
Il coro
[1]«Volgiti, volgiti, Sulammita,
volgiti, volgiti: vogliamo ammirarti».
«Che ammirate nella Sulammita
durante la danza a due schiere?».
volgiti, volgiti: vogliamo ammirarti».
«Che ammirate nella Sulammita
durante la danza a due schiere?».
Lo sposo
[2]«Come son belli i tuoi piedi
nei sandali, figlia di principe!
Le curve dei tuoi fianchi sono come monili,
opera di mani d'artista.
[3]Il tuo ombelico è una coppa rotonda
che non manca mai di vino drogato.
Il tuo ventre è un mucchio di grano,
circondato da gigli.
[4]I tuoi seni come due cerbiatti,
gemelli di gazzella.
[5]Il tuo collo come una torre d'avorio;
i tuoi occhi sono come i laghetti di Chesbòn,
presso la porta di Bat-Rabbìm;
il tuo naso come la torre del Libano
che fa la guardia verso Damasco.
[6]Il tuo capo si erge su di te come il Carmelo
e la chioma del tuo capo è come la porpora;
un re è stato preso dalle tue trecce».
[7]Quanto sei bella e quanto sei graziosa,
o amore, figlia di delizie!
[8]La tua statura rassomiglia a una palma
e i tuoi seni ai grappoli.
[9]Ho detto: «Salirò sulla palma,
coglierò i grappoli di datteri;
mi siano i tuoi seni come grappoli d'uva
e il profumo del tuo respiro come di pomi».
nei sandali, figlia di principe!
Le curve dei tuoi fianchi sono come monili,
opera di mani d'artista.
[3]Il tuo ombelico è una coppa rotonda
che non manca mai di vino drogato.
Il tuo ventre è un mucchio di grano,
circondato da gigli.
[4]I tuoi seni come due cerbiatti,
gemelli di gazzella.
[5]Il tuo collo come una torre d'avorio;
i tuoi occhi sono come i laghetti di Chesbòn,
presso la porta di Bat-Rabbìm;
il tuo naso come la torre del Libano
che fa la guardia verso Damasco.
[6]Il tuo capo si erge su di te come il Carmelo
e la chioma del tuo capo è come la porpora;
un re è stato preso dalle tue trecce».
[7]Quanto sei bella e quanto sei graziosa,
o amore, figlia di delizie!
[8]La tua statura rassomiglia a una palma
e i tuoi seni ai grappoli.
[9]Ho detto: «Salirò sulla palma,
coglierò i grappoli di datteri;
mi siano i tuoi seni come grappoli d'uva
e il profumo del tuo respiro come di pomi».
La sposa
[10]«Il tuo palato è come vino squisito,
che scorre dritto verso il mio diletto
e fluisce sulle labbra e sui denti!
[11]Io sono per il mio diletto
e la sua brama è verso di me.
[12]Vieni, mio diletto, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
[13]Di buon mattino andremo alle vigne;
vedremo se mette gemme la vite,
se sbocciano i fiori,
se fioriscono i melograni:
là ti darò le mie carezze!
[14]Le mandragore mandano profumo;
alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti,
freschi e secchi;
mio diletto, li ho serbati per te».
che scorre dritto verso il mio diletto
e fluisce sulle labbra e sui denti!
[11]Io sono per il mio diletto
e la sua brama è verso di me.
[12]Vieni, mio diletto, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
[13]Di buon mattino andremo alle vigne;
vedremo se mette gemme la vite,
se sbocciano i fiori,
se fioriscono i melograni:
là ti darò le mie carezze!
[14]Le mandragore mandano profumo;
alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti,
freschi e secchi;
mio diletto, li ho serbati per te».
Cantico dei Cantici - Capitolo 8
[1]Oh se tu fossi un mio fratello,
allattato al seno di mia madre!
Trovandoti fuori ti potrei baciare
e nessuno potrebbe disprezzarmi.
[2]Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre;
m'insegneresti l'arte dell'amore.
Ti farei bere vino aromatico,
del succo del mio melograno.
[3]La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
allattato al seno di mia madre!
Trovandoti fuori ti potrei baciare
e nessuno potrebbe disprezzarmi.
[2]Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre;
m'insegneresti l'arte dell'amore.
Ti farei bere vino aromatico,
del succo del mio melograno.
[3]La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
Lo sposo
[4]Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché non lo voglia.
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché non lo voglia.
EPILOGO
[5]Chi è colei che sale dal deserto,
appoggiata al suo diletto?
Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì.
appoggiata al suo diletto?
Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì.
La sposa
[6]Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
[7]Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
[7]Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
APPENDICI
Due epigrammi
[8]Una sorella piccola abbiamo,
e ancora non ha seni.
Che faremo per la nostra sorella,
nel giorno in cui se ne parlerà?
[9]Se fosse un muro,
le costruiremmo sopra un recinto d'argento;
se fosse una porta,
la rafforzeremmo con tavole di cedro.
[10]Io sono un muro
e i miei seni sono come torri!
Così sono ai suoi occhi
come colei che ha trovato pace!
[11]Una vigna aveva Salomone in Baal-Hamòn;
egli affidò la vigna ai custodi;
ciascuno gli doveva portare come suo frutto
mille sicli d'argento.
[12]La vigna mia, proprio mia, mi sta davanti:
a te, Salomone, i mille sicli
e duecento per i custodi del suo frutto!
e ancora non ha seni.
Che faremo per la nostra sorella,
nel giorno in cui se ne parlerà?
[9]Se fosse un muro,
le costruiremmo sopra un recinto d'argento;
se fosse una porta,
la rafforzeremmo con tavole di cedro.
[10]Io sono un muro
e i miei seni sono come torri!
Così sono ai suoi occhi
come colei che ha trovato pace!
[11]Una vigna aveva Salomone in Baal-Hamòn;
egli affidò la vigna ai custodi;
ciascuno gli doveva portare come suo frutto
mille sicli d'argento.
[12]La vigna mia, proprio mia, mi sta davanti:
a te, Salomone, i mille sicli
e duecento per i custodi del suo frutto!
Ultime aggiunte
[13]Tu che abiti nei giardini
- i compagni stanno in ascolto -
fammi sentire la tua voce.
[14]«Fuggi, mio diletto,
simile a gazzella
o ad un cerbiatto,
sopra i monti degli aromi!».
- i compagni stanno in ascolto -
fammi sentire la tua voce.
[14]«Fuggi, mio diletto,
simile a gazzella
o ad un cerbiatto,
sopra i monti degli aromi!».
Adesso continuiamo con un commento valido che abbiamo trovato su Biblistica.it e che riportiamo integralmente (si veda http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=1926)
IL CANTICO – IL SUO SIGNIFICATO SPIRITUALE
La principale obiezione all’interpretazione naturalistica del Cantico, che abbiamo esaminato nello studio precedente, è quella che in tal caso non se ne capirebbe più l’ispirazione e la conseguente canonicità, né tanto meno la sua importanza teologica. Chi fa quest’obiezione continua a ripetere che l’interpretazione allegorica è quella tradizionale, per cui occorre vederci l’amore di Dio per Israele o quello di Yeshùa per la congregazione. Vediamo di rispondere.
Di fatto l’interpretazione allegorica si rinviene solo negli ultimi secoli giudaici e non rappresenta neppure tutta la tradizione “cristiana” in merito, essendoci state dai cosiddetti “padri della Chiesa” delle interpretazioni letterali.
Come abbiamo già visto, inoltre, l’allegoria amorosa della Bibbia non si spinge mai alla descrizione minuziosa.
La poesia amorosa non è poi indegna dell’ispirazione. Perché mai dovrebbe esserlo? L’interpretazione naturalistica è anzi in grado di stabilire meglio lo scopo e il posto del Cantico nella storia di Israele, spiegando la sua ispirazione e la sua canonicità.
Nell’antico Oriente la sessualità era esagerata (si pensi ai riti della fecondità) ed era divinizzata (si pensi ad Astarte). Il popolo ebraico, invece, non attribuì né un sesso né una moglie a Yhvh e proibì tutte le pratiche connesse al culto della fecondità. Il Cantico è l’espressione concreta di questa visuale equilibrata della sessualità. Non contiene tracce di una sua divinizzazione né di un suo disprezzo. Il Cantico vede la sessualità così com’è, così come Dio l’ha voluta per l’uomo e per la donna. La presenta come una realtà umana. È questo il significato teologico che dava al Cantico pieno diritto di entrare nel canone biblico. Questo significato teologico è valido e attuale ancora oggi contro le tendenze che anche oggigiorno sopravvalutano la sessualità o la disprezzano religiosamente. Su quest’aspetto dovrebbero riflettere specialmente i cattolici, esaltando meglio l’amore coniugale.
Va poi notato che l’orientale non trova affatto “piccanti” e indecenti certe descrizioni della nudità. Anche i racconti di Mille e una notte (che fanno parte della letteratura orientale) vanno oltre nella descrizione della donna e presentano affinità notevoli con il Cantico della Bibbia. Occorre stare attenti nel valutare il Cantico con la diffusa mentalità cattolica che è portata a vedere la colpa in ogni cosa attinente al sesso, imponendo perfino una castigatezza innaturale nell’uso dei vocaboli. Molti credenti, pur non essendo cattolici, possono inconsapevolmente risentire della mentalità cattolica. È il caso di quei genitori – solo per citare uno tra i tanti pessimi esempi – che insegnano ai loro figli a parlare di “pisellino” anziché di pene e che insegnano alle loro figlie a riferirsi all’italiano vulva come alla “farfallina”. Man mano che i figli crescono, il “pisellino” e la “farfallina” prendono il nome di “lì”, fino a riferirsi ad essi senza nominarli, come ad esempio quando una mamma domanda alla figlia se si è pulita “lì”. In questo modo i genitori, prigionieri essi stessi di un tabù, trasmettono il tabù. La deduzione dei figli che crescono non può essere, alla fine, che quella che il pene e la vulva siano cose “sporche” e innominabili. Questo non fa molto onore al creatore del pene e della vulva. Di certo fa il danno dei figli.
Gli insegnamenti che possiamo trarre dal Cantico sono di grande valore morale e spirituale. Questi insegnamenti gli danno pieno diritto di cittadinanza nel canone dei libri ispirati da Dio, senza la necessità di ricercarvi chissà quali pensieri reconditi superiori (non sarà poi che tale necessità è dettata solo dal rifiuto di vedere le cose come sono per un riserbo tutto religioso che è solo un tabù?).
Il matrimonio che consiste nell’unione dell’uomo con la donna è un bene in se stesso. Esso è voluto da Dio nella creazione (Gn 2:18-24;1:28), quando ancora tutto era buono, anzi “molto buono” (Gn 1:31). Il donare il proprio corpo l’uno all’altra non è biasimevole né volgare. È il momento in cui l’uomo e la donna si completano naturalmente e si sentono davvero “una stessa carne” (Gn 2:24). Nella Bibbia non c’è posto per un ascetismo in cui l’uomo rifugga la donna come qualcosa di peccaminoso, come fanno gli eremiti. Né c’è posto per un ritiro in cui la donna rifugga l’uomo come tentazione diabolica, come fanno le suore. Il matrimonio non è qualcosa di basso, secondo la mentalità manichea o catara. Paolo si fece al riguardo portavoce dello spirito di Dio: “Lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. Essi vieteranno il matrimonio”. – 1Tm 4:1-3.
Yeshùa partecipò ad una festa nuziale e ne provvide lui stesso il vino (Gv 2:1-11). Le indicazioni bibliche indicano che gli sposi novelli non devono separarsi tra di loro neppure durante il servizio di guerra: “C’è qualcuno che si è fidanzato con una donna e non l’ha ancora presa? Vada, torni a casa sua, perché non muoia in battaglia e un altro se la prenda” (Dt 20:7). Nel matrimonio non tutto deve mantenersi entro il piano puramente spirituale: la reciproca attrazione fisica dei corpi ha un’importanza non indifferente. Le crisi matrimoniali nascono quando questa subisce rallentamenti o viene trascurata. La sua importanza è cantata nel Cantico dei Cantici. La verginità è ricordata solo in Cant 4:12: “O mia sorella, o sposa mia, tu sei un giardino serrato, una sorgente chiusa, una fonte sigillata”; ma si tratta di una condizione anteriore alle nozze.
L’amore sessuale va preso nella sua giusta misura, senza esagerarlo (come facevano i cananei) e senza degradarlo (come facevano gli gnostici). I cananei lo avevano sacralizzato in modo da introdurlo nei loro culti sacri mediante la prostituzione sacra e i riti della fecondità. Gli gnostici, che biasimavano la materia, lo pensavano un male da eliminare. La Bibbia ce lo mostra nella sua giusta luce, come qualcosa di buono da vivere entro i limiti del matrimonio e come qualcosa che diventi il premio di tutta una vita a due. Anche oggi, quindi, il Cantico ha il suo insegnamento da trasmetterci. Esso, contro la prostituzione, esalta l’amore coniugale.
“Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo per farne membra di una prostituta? No di certo! Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? ‘Poiché’, Dio dice, ‘i due diventeranno una sola carne’. . . . Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l’uomo commetta, è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”. – 1Cor 6:15-20.
Il Cantico – e, quindi, la Bibbia – eleva il matrimonio al giusto livello.
“Ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. L’uomo sappia donarsi alla propria moglie, e così pure la moglie si doni al proprio marito. La moglie non deve considerarsi padrona di se stessa: lei è del marito. E neppure il marito deve considerarsi padrone di se stesso: egli è della moglie. Non rifiutatevi l’un l’altro”. – 1Cor 7:2-5, PdS.
L’amore vero è per sua natura monogamico. Il Cantico esalta l’amore dello sposo per la sposa e l’amore della sposa per lo sposo. L’unica amata vale per lui ben più di tutto l’harem salomonico: “Ci sono sessanta regine, ottanta concubine, e fanciulle innumerevoli; ma la mia colomba, la perfetta mia, è unica” (6:8,9). In Cant siamo già sulla via di un ritorno all’idea monogamica primitiva stabilita da Dio nella creazione: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne” (Gn 2:24). Il Cant elimina le deviazioni inaugurate da Lamec: “Lamec prese due mogli” (Gn 4:19), e che con Salomone raggiunsero il culmine più vertiginoso: “Il re Salomone, oltre alla figlia del faraone, amò molte donne straniere: delle Moabite, delle Ammonite, delle Idumee, delle Sidonie, delle Ittite” (1Re 11:1). Con il Cant siamo già alla soglia del ristabilimento del volere divino che sarà attuato da Yeshùa: “Chiunque manda via la moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chiunque sposa una donna mandata via dal marito, commette adulterio” (Lc 16:18), “Io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Mt 19:9), “Al principio della creazione Dio li fece maschio e femmina. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. L’uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito”. – Mr 10:6-9.
L’amore trasfigura la natura, la vita: tutto sembra divenire più bello. È come un raggio di sole che squarciando le nubi trasfigura il creato. In Cant – a differenza degli altri libri sacri della Bibbia – la natura appare in tutta la sua bellezza, mentre altrove è vista solo come un segno dell’intervento divino. Così, ad esempio, in Mt 5:45: “Egli [Dio] fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Si notino però in Cant le meravigliose descrizioni della natura vista da occhi innamorati:
“Sento la voce del mio amore, eccolo, arriva! Salta per le montagne come fa la gazzella; corre sulle colline, veloce come un cerbiatto”. – 2:8.
“I tuoi seni sembrano cerbiatti o gemelli di una gazzella che pascolano tra i gigli”. – 4:5.
“Corri, amore, Veloci come una gazzella o un cerbiatto sui monti profumati”. – 8:14.
“Quanto sei bella, amica mia, quanto sei bella! . . . I tuoi capelli ondeggiano come un gregge che scende dalle pendici del Galaad. I tuoi denti mi fanno pensare a un gregge di pecore da tosare, appena lavate. Tutte in fila, una accanto all’altra”. – 4:1,2, cfr 6:5,6.
“Il mio amore è venuto a godersi il suo giardino, a raccogliere i gigli tra aiuole di piante profumate. . . . Egli si diletta tra i gigli”. – 6:2,3.
“Le tue nascoste bellezze sono un giardino di melograni, dai frutti squisiti”. – 4:13.
“Tu sei una sorgente di giardino, fontana di acque vive, ruscello che scende dai monti del Libano”. – 4:15.
“Sei come un giardino recintato e chiuso, come una sorgente inaccessibile”. – 4:12.
(PdS)
Non vi è una strofa in cui non si parli di un riferimento geografico o topografico, di un metallo o di un minerale, di un animale domestico o selvaggio, di un albero o di una pianta, di un fiore, di un profumo o di un aroma. Non c’è mai conoscenza intellettuale, ma la conoscenza biblica che sperimenta le cose: una conoscenza vitale, vissuta con il contatto diretto.
Nel Cantico si esalta la persona della sposa parificata allo sposo. Il Cant si erge contro l’umiliazione e la soggezione che deprimevano la donna orientale e la rendevano serva del marito. Anche questo è un prezioso insegnamento ispirato che ci viene da questo libro. Il peccato umano delle origini ha stravolto il ruolo della donna. In tutto il mondo e in tutte le culture, anche oggi, vediamo pesare sulla donna la conseguenza della scellerata cattiva scelta umana delle origini: “I tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te” (Gn 3:16). L’ispirazione divina del Cantico eleva la donna al grado di regina, conferendole parità con il marito.
“Sì, un giglio tra le spine è la mia amica tra le altre ragazze!”. – 2:2.
“Un melo tra gli alberi selvatici è il mio amore tra gli altri ragazzi!”. – 2:3.
“Il mio amore è bello e forte, lo si riconosce tra mille”. – 5:10.
“Il re abbia pure sessanta regine, ottanta altre donne e ragazze, quante ne vuole! Per me c’è solo lei”. – 6:8,9.
(PdS)
Nel Cantico si respira l’aria delle origini: “Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna” (Gn 2:23). Sembra che vi aleggi già lo spirito delle Scritture Greche e il messaggio di Yeshùa presentato in Mr 10:11-12: “Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio”.
Il matrimonio ha valore in se stesso. Il valore del matrimonio è già in se stesso come reciproco complemento dei singoli coniugi, e non in vista dei figli: “Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui” (Gn 2:18). Nel Cantico non si allude quasi mai alla generazione: l’amore è esaltato in se stesso. L’unica allusione, velata, può essere vista nelle mandragole (7:14) che si usavano – pare – per stimolare la fecondità (Gn 30:14-16). L’amore è talmente esaltato che troverà poi il suo più fulgido esempio nell’amore tra Yeshùa e la sua congregazione. – Ef 5:22-32.
L’amore è imperituro e non può venire mai meno. Quando ci si accosta al matrimonio con la casistica farisaica (che si domanda quando il matrimonio possa essere sciolto e quando si possa divorziare; cfr. Mt 19:3), non si fa altro che costruire la tomba dell’amore. Anche in ciò il Cantico torna alle origini: l’amore vi è presentato come qualcosa di superiore alla stessa morte, che esige fedeltà concreta e indissolubilità perenne. Non le seduzioni dei fasti salomonici: “Tieni pure i tuoi mille pezzi d’argento, Salomone”. – 8:12, PdS.
“Non basterebbe l’acqua degli oceani a spegnere l’amore.
Neppure i fiumi lo potrebbero sommergere.
Se qualcuno provasse a comprare l’amore con le sue ricchezze
otterrebbe solo il disprezzo”. – 8:7, PdS.
Concludiamo con la lettura di Roberto Benigni del Cantico dei Cantici (13 febbraio 2006, Teatro Verdi di Terni, trasmesso da Sat 2000) che, come sappiamo, per commentare la Bibbia e Dante si è avvalso del supporto didattico di "illustri studiosi laici e religiosi; dovrei stilare un elenco lunghissimo: senza di loro, non ce l’avrei mai fatta…" (come egli stesso ha affermato http://www.scenaillustrata.com/public/spip.php?page=breveanteprimastampa&id_breve=1271).
Non aggiungo altro, ci sarebbe da dire parecchio, ma per il momento mi fermo qui.
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